FLASH! - IL DAZISTA TRUMP, PER SPACCARE L'UNIONE EUROPEA A COLPI DI TARIFFE SUI PRODOTTI ESPORTATI…
Alessandro Barbera e Marco Zatterin per “la Stampa”
matteo renzi pier carlo padoan
La legge di Stabilità è ancora un cantiere aperto. A sei giorni dall’approvazione in Consiglio dei ministri, il Quirinale non ha ancora ricevuto il testo per la pubblicazione in Gazzetta. La ragione ufficiale è di ordine tecnico: «Ci sono alcuni dettagli da mettere a punto», dicono al Tesoro. Fra quei «dettagli» ci sono però questioni sostanziali che hanno a che vedere con l’impianto della manovra.
matteo renzi pier carlo padoan
I tagli, ad esempio: ancora ieri sera nei principali ministeri di spesa se ne discuteva. Basti dire che al ministero dello Sviluppo si stava lavorando all’allegato che dovrebbe dettagliare la riduzione dei cosiddetti «contributi alle imprese», un tema nell’agenda del governo da anni. Il governo è in forte ritardo, e non solo per la scarsa organizzazione del lavoro. Sullo sfondo c’è una serrata trattativa fra Roma e Bruxelles sull’entità dell’«aggiustamento strutturale» da garantire nel 2015.
In una parola: l’Ue considera la manovra rischiosa per la tenuta dei conti e ci sta chiedendo correttivi. Secondo quanto riferiscono all’Ansa fonti europee, la Commissione uscente di Barroso si appresterebbe a chiedere all’Italia un aggiustamento strutturale di mezzo punto di Pil, cinque volte quel che l’Italia ha scritto nella bozza presentata a Bruxelles: non un miliardo e mezzo, bensì otto miliardi di risparmi aggiuntivi.
A Roma attendono una comunicazione ad horas. «Partirà di sicuro», confessa una fonte ai piani altissimi della Commissione Ue. «Tutto dipende da quanto grande sarà l’apertura del linguaggio sulle circostanze eccezionali»; se, e in che misura, l’esecutivo valuterà la buona volontà di Renzi, il giudizio sugli antidoti alla recessione.
È una complessa partita a quattro: ci sono l’Italia, la vecchia Commissione (dura la posizione di Barroso per ragioni di principio e di politica interna), quella entrante (Juncker è definito più accondiscendente) e il presidente del Consiglio Ue Van Rompuy, che cerca una mediazione e, soprattutto, di evitare che i casi francese e italiano inquinino il vertice europeo in programma a Bruxelles giovedì e venerdì. «Si vuole una soluzione win-win», assicura un diplomatico. C’è tempo sino a domani sera.
Tre gli scenari possibili. Il primo - per l’Italia il peggiore - è quello ventilato ieri dalle fonti della Commissione: Bruxelles scrive, l’Italia risponde ma non convince. La Commissione chiede più di quanto l’Italia è disposta a sborsare, ovvero una correzione dello 0,5 per cento come impongono alla lettera i Trattati e senza sconti. In tal caso il 29 ottobre Bruxelles spedirebbe la manovra al mittente, costringendo il governo a riscriverla.
Per l’Italia sarebbe l’inizio di un duello pericoloso, costoso in termini di immagine e sui mercati, anche se non necessariamente infinito, perché dopo l’insediamento di Juncker il quadro potrebbe mutare. Seconda ipotesi: la Commissione informa l’Italia che alcuni numeri non tornano.
Il governo risponde mettendo sul tavolo la «riserva» da 3,4 miliardi inserita nella legge di Stabilità, pur presentando il testo annunciato. Poi, con un emendamento in Parlamento corregge il deficit strutturale di almeno lo 0,25 per cento. Katainen accetta, non esprime opinione negativa, non chiede di riscrivere la manovra e il 30 novembre si limita a dire la sua su cosa dovrebbe fare l’Italia per tornare a crescere.
Tre: la Commissione sorvola sul mancato rispetto dei parametri, aspetta il 30 novembre per benedire la manovra e sottolineare la necessità di eventuali sforzi aggiuntivi. Quest’ultimo scenario è quello a cui il governo aspira, ma al momento è anche il più improbabile.
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