luigi di maio - paola taverna

M5S VERSIONE PCUS - SI VA VERSO UN COMITATO CENTRALE CON PAOLA TAVERNA CHE SOGNA LA LEADERSHIP (CON L’APPOGGIO DI ROBERTO FICO) - PATUANELLI, MOLTO AMATO DA CONTE, PREFERIREBBE OCCUPARSI SOLO DEL MINISTERO, MAGARI SCIPPANDO A DI MAIO IL RUOLO DI CAPO DELEGAZIONE AL GOVERNO - LUIGINO, CHE SPERA NEL TANDEM CON CHIARA APPENDINO, DEVE RICOMPATTARE I SUOI: ANCHE FRACCARO LO MOLLA…

Ilario Lombardo per “la Stampa”

 

LUIGI DI MAIO TOGLIE LA CRAVATTA

Chi conquisterà il Trono di spade del M5S? La guerra è appena cominciata. Coltellata, dopo coltellata, tanto per stare nella metafora di Luigi Di Maio, degna della migliore truculenza shakespeariana, si definiscono le parti in lotta e la corte grillina rimasta senza re si prepara alla successione. Tra la folla in piedi ad applaudire l' ex capo politico che si slacciava la cravatta, come a simboleggiare un addio che non è tale fino in fondo, gli occhi dei suoi fedelissimi hanno subito puntato due volti in platea.

 

Quello di Paola Taverna, seduta in prima fila, e quello di Stefano Patuanelli, in seconda. Le due voci più autorevoli che assieme a Roberto Fico hanno auspicato con maggiore convinzione il ritorno a una leadership collettiva, sfiduciando di fatto Di Maio.

 

paola taverna 1

Sembra ormai inevitabile che si andrà verso un organo al vertice con un tasso più o meno ampio di collegialità. Non come il vecchio direttorio a cinque, dove tutti decidevano ma nessuno decideva. Sarà una segreteria, come sembra volere Di Maio, strutturata sui «facilitatori» e il «team del futuro» e una figura sopra tutti? O sarà qualcosa di più simile a un politburo del comitato centrale di memoria sovietica, dove comunque servirà, come da volontà di Beppe Grillo, un' unica testa a pronunciare l' ultima parola?

 

stefano patuanelli foto di bacco

Tutte le spinte interne al M5S, si chiamino fronde o correnti, vanno in questa direzione. E la vicepresidente del Senato Taverna si sta giocando le sue chance grazie anche agli sponsor migliori che può avere per la scalata. Il primo: Giuseppe Conte. Il premier in realtà non fa mistero della sua predilezione per Patuanelli, e da mesi ormai tra Palazzo Chigi e il Parlamento non si fa che parlare di lui come successore di Di Maio.

 

Pare però che Patuanelli voglia restare ministro dello Sviluppo economico, un posto prezioso nella stagione di nomine pubbliche che si sta per aprire, magari integrato dal ruolo di capo delegazione. Una somma di cariche alle quali, a differenza di Di Maio, si eviterà di aggiungere anche quella di capo politico.

 

roberto fico corrucciato

Forte della fiducia di Conte e della reputazione di cui gode soprattutto tra i senatori, Patuanelli si farà invece da garante di Taverna assieme al presidente della Camera Fico, altro big capace di controllare intere truppe grilline, in Parlamento e fuori. In asse con loro anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, ormai distante da Di Maio, del quale è stato assieme ad Alfonso Bonafede il braccio destro per lungo tempo. Taverna è in grado di mettere d' accordo le diverse anime del M5S.

riccardo fraccaro

 

Inoltre è donna e sull' ipotesi di una donna al vertice, in funzione anti-Giorgia Meloni, nel M5S sono stati compulsati diversi sondaggi, tutti favorevoli a una leadership femminile. Non è causale che Di Maio stia affidando le proprie sorti a un' altra donna, Chiara Appendino. Una sindaca, del Nord, evocata sul palco dal ministro degli Esteri - in quel passaggio appassionato dedicato ai primi cittadini del M5S - da contrapporre in un team alla componente grillina innervata dal potere romano che Taverna rappresenta.

 

chiara appendino emiliano bezzon

In questa mischia tribale, gli Stati generali costringeranno a scelte di campo, e non solo tra sovranisti e riformisti. Il cerchio magico si è spezzato. Legami si sono rotti. I rapporti di potere interni al Movimento sono figli degli ultimi mesi di liti e sospetti di cui le cronache hanno dato spezzoni che solo le dimissioni di Di Maio ora illuminano di nuovo significato. Le incomprensioni con Conte poi un bisticcio con Patuanelli e Fraccaro; la resa dei conti in caminetti segreti e l'accusa di mentire; nomine importanti, come la riconferma di Domenico Arcuri in Invitalia finite nel tritacarne delle rivendicazioni. Tra novembre e dicembre si sono scavate ferite.

DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE

 

Poi Grillo è sceso a Roma e quel giorno qualcuno ha capito che la fine di Di Maio sarebbe stata questione di mesi. Attorno a Natale matura la decisione di lasciare. Ma con un piano. Riprovarci, alimentando l' impressione di essere insostituibile e indispensabile. L'autoesilio imposto dura poco e già in Emilia-Romagna il leader testa l'umore della strada, convinto, come detto in un' intervista alla Stampa, che nel M5S non decidono i parlamentari ma «gli iscritti, la base».

 

LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 2

Così il suo istinto di sopravvivenza quotidiana gli sussurra che non puoi parlare ai militanti senza aver accanto a te il loro idolo. Per questo Di Maio smentisce - ma dopo molte ore - quello che tutti avevano capito del suo discorso. Che il «nemico che viene dalla retrovie» ad avergli inferto le coltellate non è Alessandro Di Battista. Il primo dei militanti è un' incognita che è obbligatorio tenere in considerazione se punti a scoraggiare i tuoi avversari e a riprenderti il vertice, pur sapendo che la formula del capo politico solo al comando non esisterà più.