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Giuseppe Guastella per il “Corriere della Sera”
Il no della Corte d' appello di Milano al carcere per Cecilia Marogna mette anche in dubbio la possibilità di un' estradizione in Vaticano della cagliaritana protagonista della vicenda che ha travolto l' ex numero due della Segreteria di Stato Angelo Becciu, il quale per questa storia si è visto togliere dal Papa la porpora cardinalizia.
La donna lascia San Vittore dopo 17 giorni perché non è stata dimostrata la «necessità» del carcere per una madre «di una figlia minorenne» molto radicata in Italia. Per scongiurare una fuga allora è sufficiente che si presenti tre volte la settimana ai Carabinieri per i giudici che, accogliendo le richieste dei difensori, scrivono che ci sono «profili di apprezzabile sostenibilità» della loro tesi secondo la quale i Patti Lateranensi che regolano i rapporti tra Italia e Santa Sede non consentono che un cittadino italiano sia estradato in Vaticano. Questione che per la magistratura vaticana sarebbe, invece, superabile grazie alla convenzione Onu contro la corruzione sottoscritta dai due Stati.
«È un atto di giustizia», esultano gli avvocati Maria Cristina Zanni e Fabio Federico, che fanno parte dello studio dell' avvocato Massimo Dinoia, denunciando che Marogna non ha ancora potuto leggere il mandato di cattura straniero per il quale è stata arrestata con l' accusa di appropriazione indebita aggravata contro la Santa Sede, perpetrata utilizzando in modo illecito somme di denaro concessele per uso istituzionale, cospirando con altri individui».
La difesa ha insistito sull' assenza delle esigenze cautelari ironizzando sulla rapidità della procedura Oltretevere: in «soli quattro (dicasi quattro!) giorni» ci sono stati in Vaticano deposito dell' informativa della Gendarmeria sulla vicenda, esame della magistratura e ricerche infruttuose della donna che, però, tra il 9 e il 12 ottobre era a casa a Milano per il fine settimana.
Sarebbe bastato chiedere informazioni ai suoi «referenti», Becciu e il Segretario di Stato Piero Parolin, che in quei giorni erano in contatto con lei, affermano gli avvocati. Il 7 ottobre Marogna scrive un' email a Parolin chiedendo un incontro per informarlo «degli sviluppi delle attività svolte» affermando di aver «raggiunto la definizione della risoluzione pacifica delle 3 persone (incarico affidatomi dal precedente Generale Capo), l' ultima decade di agosto e immediatamente informato della fase ultima il rappresentante attualmente in carica al vertice dell' apparato estero dei Servizi di Sicurezza (Aise) il Gen. Caravelli, ma da parte sua non ho più ricevuto notizie».
Si riferisce alle trattative per la liberazione di una suora rapita in Colombia e di altri due religiosi da ottenere con mezzo milione di euro del Vaticano che, invece, per l' accusa avrebbe in parte speso in borsette firmate e altri beni di lusso. «Può contattarmi per telefono per concordare data e orario incontro», conclude.
La riposta di Parolin arriva il 12 ottobre, 24 ore prima del mandato di arresto: «La ringrazio per la sua email del 7 ottobre u.s., della quale ho preso nota con ogni attenzione. Circa la sua richiesta di incontro, tuttavia, non sono in grado per il momento di venirle incontro».
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