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DAGONOTA - Il nuovo terrore del Pd milanese-renziano si riassume in due parole: voto disgiunto. Molti elettori meneghini preferiscono Stefano Parisi a Giuseppe Sala, che considerano troppo freddo e robotico. Per molti socialisti, rimasti sotto la cenere ma ancora vivi e vegeti, sarebbe il riscatto alle umiliazioni del dopo-Bettino.
Così una fetta non indifferente di milanesi orientata a votare per il Pd – visto che considera impresentabile la coalizione di centro-destra, che va da Ncd dei moderati e governativi Lupi e Formigoni fino ai populisti della Lega – ma a scrivere sulla scheda il nome di Parisi. Anche, naturalmente, per dare uno schiaffo a Renzi.
LA RIMONTA DI PARISI SPAVENTA SALA A MILANO È CACCIA AL VOTO DI CL
Andrea Montanari, Oriana Liso per ''la Repubblica''
Una fase per volta, è il monito che gira nello staff di Beppe Sala. Da qui a giugno, quando - presumibilmente - si voterà, c' è ancora tempo: e quello che oggi è una novità sarà stato, nel frattempo, sezionato e digerito. Il pasto indigesto, per il candidato sindaco del centrosinistra di Milano, è Stefano Parisi: il suo avversario, il coniglio dal cilindro tirato fuori ad Arcore che adesso, lo tallona in tutti i sondaggi.
Pochissimi punti di distanza, tra i due, non solo al primo turno, quando la scheda elettorale conterrà almeno altri tre nomi (Corrado Passera, il candidato dei 5 Stelle, quello della sinistra radicale) ma anche al ballottaggio.
Ad entrambi servono, prosaicamente, i voti: quelli degli elettori tradizionali dei propri schieramenti, ma anche quelli che si possono pescare nei due estremi e in quel grande centro che è terreno di caccia per tutti. Un centro moderato, certo, ma capace di mobilitare grandi numeri. E chi ha questa capacità?
Il volontariato cattolico del terzo settore, ma anche la Compagnia delle opere, il braccio operativo di Comunione e liberazione. I suoi referenti politici più noti, da Maurizio Lupi a Roberto Formigoni, sono in quel Nuovo centrodestra che appoggia Stefano Parisi, e quindi sembrerebbe naturale il travaso di voti sul manager scelto da Silvio Berlusconi.
Ma Sala non è rimasto a guardare: niente accordi sottobanco, ma un dialogo alla luce del sole - quasi ostentato - con Massimo Ferlini, ex assessore comunista negli anni Ottanta e poi, fino a pochi anni fa, presidente milanese della Cdo. Un dialogo che non piace alla sinistra che appoggia Sala e neanche a Giuliano Pisapia.
Ma lui, l' ex commissario Expo, replica netto: «Per le liste c' è tempo, ma non sono uomo da steccati», aggiungendo poi, nei ragionamenti con i suoi, di non volere diktat da nessuno. La riflessione su una candidatura di Ferlini nella lista Sala arriverà nei prossimi giorni: ma di certo, se non ci fosse lui, quel mondo avrebbe altri rappresentanti, visto che altri nomi - magari meno noti - legati alla Cdo e al suo fondatore Giorgio Vittadini potrebbero entrare in lista.
LA RUSSA LUPI GELMINI STEFANO PARISI MATTEO SALVINI
A parole Parisi non sembra preoccuparsi della possibile transumanza di voti ciellini verso il suo avversario. «È normale, non sono più un esercito organizzato », taglia corto. L' importante è mostrare unità, promettere e soprattutto far sognare i milanesi.
La contesa, insomma, è aperta. E le strategie elettorali dei due candidati si affinano di giorno in giorno. Quella di Parisi punta a riportare al voto gli elettori moderati milanesi che nel 2011 voltarono le spalle a Letizia Moratti e disertarono le urne, facendo perdere al centrodestra la guida di Palazzo Marino, che governavano ininterrottamente da quindici anni.
Ci prova promettendo ai commercianti meno tasse e meno vincoli sui permessi, ai costruttori di azzerare i vincoli del piano regolatore della giunta Pisapia, agli automobilisti l' abolizione di Area C, agli imprenditori più flessibilità. E ai milanesi, tutti, più sicurezza. Ma se Parisi deve tenere a bada i suoi main sponsor (vedi Salvini e le sue ruspe), Sala punterà invece su una campagna itinerante sempre accompagnato dai suoi compagni di viaggio: dal sindaco Pisapia agli assessori, proponendosi come il centravanti di una squadra già in parte rodata.
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