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Monica Guerzoni per âIl Corriere della Sera'
Diversamente renziani, sì. Ma con quante sfumature di grigio? Può sembrare bizzarro, eppure anche di questo discutono i democratici dopo che la minoranza ha deciso di «azzerare il congresso» e rottamare le vecchie leadership correntizie. Relegati Bersani, D'Alema, Letta (e persino Cuperlo) nella vetrinetta dei padri nobili, è iniziata l'operazione riposizionamento dei parlamentari non-renziani.
Lo slogan ufficioso è «Adesso tocca a noi». Noi chi? I trenta-quarantenni, ansiosi di scrollarsi di dosso vecchie etichette per non trovarsi confinati nel recinto minoritario dei benaltristi, parrucconi o frenatori. E forse anche desiderosi di non restare fuori dalle liste elettorali al prossimo giro.
Ecco allora sparire i cuperliani della mozione congressuale e comparire i «riformisti», nuova categoria «dem» che include ex bersaniani come Alfredo D'Attorre e già dalemiani alla Enzo Amendola. Per provare a decifrare il caos calmo scatenato nel Pd dal ciclone Renzi bisogna partire dal «summit» di martedì sera, quando il capogruppo Roberto Speranza ha riunito a Montecitorio un centinaio di parlamentari e battezzato l'«Area riformista».
Obiettivo dichiarato, «archiviare le contrapposizioni». Chi ha la forza di sfidare una barca che veleggia col vento in poppa? Nessuno, nella sinistra che Bersani amava chiamare «la ditta» e dove persino Stumpo, Zoggia e Fassina ed Epifani si sono affacciati in sala Berlinguer per ascoltare Speranza. Al giovane presidente dei deputati, Renzi ha affidato il compito di mediare: per portare a casa le riforme senza tafazzismi e sfatare, a colpi di numeri, la leggenda che il «capo» controlli il Paese ma non i suoi gruppi parlamentari. «Io non mi sento bene con la parola minoranza - ha voltato pagina Speranza, fissando al 28 aprile la prima assemblea - Nella mia cultura politica ho sempre provato a fare egemonia». Ed egemonia (renziana) fu.
I lettiani si sono divisi: Francesco Russo e Paola De Micheli dentro, Marco Meloni fuori. Gianni Cuperlo, che ha organizzato per il 12 aprile una convention aperta a Sel, è rimasto spiazzato dall'operazione «sinistra riformista» che, di fatto, ha rottamato la minoranza del 18 per cento.
Al suo posto c'è un correntone che, non potendo sottrarsi alla sfida delle riforme, si prepara a «differenziarsi» nel merito. «Dal decreto lavoro al Titolo V faremo guerriglia in positivo» dicono gli ormai ex cuperliani. «Niente Aventino» promette Zoggia.
Fino alle europee, Renzi può dormire tra due guanciali. Dopodiché il correntone riformista (che i renziani doc derubricano a «correntino») porrà il tema della leadership e qualcuno ipotizza la discesa in campo di una figura esterna, come Nicola Zingaretti o Enrico Rossi. «Io non chiedo il congresso, ma il premier non dovrebbe fare anche il segretario», avverte Stumpo.
Nel frattempo Pippo Civati sfoggia sorrisi larghi così. Con i «Turchi» di Orfini che per primi hanno aperto il dialogo con Renzi, la corsa degli «ex» verso i lidi di maggioranza spalanca una prateria a sinistra: «Qui ognuno si fa la sua corrente renziana... Ma non erano i bersaniani a battersi contro l'uomo solo al comando? - attacca Civati - Un Pd al servizio di Palazzo Chigi mi sembra un po' poco». Il 12 sarà anche lui alla convenzione dei cuperliani superstiti e intanto, al Senato, lavora per unire le forze con i grillini dissidenti: «Abbiamo una proposta alternativa che ha raccolto un bel po' di firme, perché non si può passare dal Cnel al Cral».
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