COMUNIONE E MALEDIZIONE - MONSIGNOR MAURO INZOLI, IL “PRETE IN MERCEDES”, BOSS DI CL, A UN PASSO DALL’ESPULSIONE DAL CLERO PER UNA STORIACCIA DI ABUSI SESSUALI SU MINORI - PRESIDENTE PER 15 ANNI DELLA FONDAZIONE BANCO ALIMENTARE, PER QUALCUNO ERA IL “CONFESSORE DI FORMIGONI” - INZOLI NON FARA’ APPELLO - SPARITO DALLA CIRCOLAZIONE, POTREBBE ESSERE AD ALESSANDRIA…

Luigi Corvi per Corriere.it

Lo chiamavano «il prete in Mercedes». Auto di lusso, sigari, ristoranti alla moda, frequentazioni politiche importanti. Monsignor Mauro Inzoli, 62 anni, era uno dei boss di Comunione e liberazione. Presidente per 15 anni della Fondazione banco alimentare, onlus assistenziale fondata da don Giussani, qualcuno dice anche confessore di Roberto Formigoni. Una vita sulla cresta dell'onda, con base a Crema dove per 17 anni è stato parroco della Santissima Trinità. Poi, improvviso, il declino. Don Inzoli nel 2010 ha lasciato la parrocchia, nel maggio scorso la carica al Banco, e a Crema non lo hanno più visto.

Due anni di silenzio totale, sino a lunedì, quando la Curia ha scritto un comunicato di otto righe in cui si dice che il vescovo di Crema, monsignor Oscar Cantoni, su mandato della Congregazione per la dottrina della Fede, ha emesso un decreto che dispone la dimissione dallo stato clericale di don Inzoli. Il potente uomo di Cl non è più sacerdote, ma la pena è sospesa in attesa del secondo grado di giudizio.

Quel comunicato non per tutti è stato un fulmine a ciel sereno. Da tempo si mormorava di un'inchiesta per presunti abusi su minori e qualcuno sul web aveva anche scritto che don Inzoli era stato agli arresti domiciliari. Non a Crema, dove ha ancora la residenza, ma forse a Milano dove si sarebbe stabilito negli ultimi tempi con madre e sorella. Nessuna di queste voci ha però trovato conferma e la Curia ovviamente mantiene il più stretto riserbo. Un riserbo assoluto che ha protetto per due anni l'uomo di Cl e che ancora ieri, qui a Crema, teneva le bocche cucite.

Tuttavia nel comunicato della Diocesi si fa riferimento a un «procedimento canonico a norma del canone 1720 del Codice di diritto canonico». I «delicta graviora» di competenza della Congregazione per la dottrina della fede sono i più gravi: profanazione dell'eucarestia, attentato al Pontefice, assoluzione del complice in confessionale, induzione ad atti turpi in confessionale, abusi su minori e acquisizione, detenzione e divulgazione a fini di libidine di immagini pornografiche di minori di 14 anni. Le accuse contro don Inzoli sarebbero tra le ultime due, e il provvedimento preso confermerebbe la linea di intransigenza voluta dal Papa sui reati sessuali riguardanti i minori.

Il silenzio su tutta la vicenda tiene comunque avvolto nel mistero il fatto all'origine delle accuse, che non sarebbe stato comunque compiuto nella provincia di Cremona e non si sa neppure quale sia la Procura che se ne occupa per competenza. Don Inzoli da lunedì non risponde al telefono. Chi lo conosce dice comunque di averlo sentito sereno e poco propenso a fare appello, anche se le persone che gli sono vicine lo spronano a non arrendersi e a cercare un bravo avvocato per fare ricorso.

A quanto pare, dopo essere stato allontanato da Crema, in attesa del processo davanti alla Congregazione, è approdato in una parrocchia della provincia di Alessandria. Nel 2010 aveva confidato a un amico che si sarebbe preso un anno sabbatico per curare una forte depressione e che sarebbe andato per qualche tempo a San Marino, dove avrebbe anche preparato la visita di Benedetto XVI, ospite del vescovo Luigi Negri, che pochi giorni fa è stato nominato vescovo di Ferrara.

 

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