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SALVINI - DI MAIO - BERLUSCONI - RENZI
1 - PROVE DI GOVERNO CON I 5 STELLE LA LEGA SPAVENTA BERLUSCONI
Amedeo la Mattina per “la Stampa”
Si è già sgretolata l' immagine del centrodestra unito. Basta sentire uno dei partecipanti al vertice di martedì sera: è uscito da Palazzo Grazioli con l'impressione che ognuno guardi con sospetto gli altri alleati. E i maggiori sospetti, Berlusconi e Meloni, li nutrono nei confronti di Salvini, che di fronte alla proposta dei commensali di fare il presidente del Senato ha risposto così: «Volete ingabbiarmi».
Ieri ha detto di sentirsi onorato che qualcuno abbia fatto il suo nome per la seconda carica dello Stato («per te sarà più facile avere l'incarico a formare il governo», aveva suggerito Meloni la sera del vertice), ma poi ha aggiunto di avere altri programmi: «Sono in partenza per un bel tour. Vado a ringraziare gli italiani che mi hanno votato. Andrò pure in Calabria: a qualcuno è sfuggito che sono senatore di quella Regione. Ma poi mi vedete nel ruolo di presidente del Senato?».
BERLUSCONI ED IL SUDORE DI SALVINI
Salvini invece si trova più a suo agio come leader del centrodestra che consulta gli altri leader politici. Ieri ha iniziato con Di Maio. Ha pure sentito il reggente del Pd Maurizio Martina e Pietro Grasso. Ma la telefonata più interessante è stata quella tra i due vincitori, Luigi e Matteo. Vincitori sulla carta perchè nessuno dei due ha i voti per governare. Hanno però cominciato a conoscersi, annusarsi, capire se scatta il feeling per cominciare a costruire uno dei possibili scenari che arriveranno.
Il primo, di fatto, sembra concluso con la spartizione delle presidenze di Camera e Senato.
Salvini dice che ogni scelta sarà concordata con gli alleati del centrodestra. «Faremo scelte di squadra. Non ci saranno fughe solitarie». Promessa su cui Berlusconi e Meloni dubitano fortemente. E le parole del capo del Carroccio alimentano i sospetti su un accordo M5S-Lega che potrebbe andare oltre le presidenze di Camera e Senato.
«Non ho la smania di andare al governo. Voglio mantenere fede agli elettori - ha detto Salvini - lavoreremo nelle prossime settimane per trovare una maggioranza. Escluso il Pd, ogni scelta è possibile». Di più, nessuna chiusura a Di Maio: «Sui nomi e sui ruoli non ci sono pregiudizi. Se c' è condivisione di progetto ragioniamo. Abbiamo un programma e chiunque venga al governo con noi deve impegnarsi a cancellare la legge Fornero, a ridurre le tasse, a rendere l' Italia più federale e meno burocratica. Se ci sono altri suggerimenti siamo ben contenti di accoglierli».
Se gli interlocutori dovessero dire di no? «Allora facciamo una nuova legge elettorale con il premio di maggioranza e si ritorna a votare, senza tenere gli italiani in ostaggio per un anno. Se poi ci mettiamo a discutere di riforma costituzionale, come vorrebbe Franceschini, ci rivediamo tra tre anni almeno».
Berlusconi ci metterebbe la firma per evitare di tornare al voto e vedersi ridimensionato e stritolato dalla Lega. Le sue parole sono l'opposto di quelle dette da Salvini. I giornalisti gli hanno chiesto se era vero che al vertice aveva aperto ai 5 Stelle (indiscrezione veicolata da ambienti leghisti, detto per inciso).
Risposta dell'ex Cavaliere arrivando alla Camera per l'assemblea dei gruppi di Forza Italia: «Ho aperto la porta per cacciarli via». Invece apre al Pd. Ai suoi parlamentari ha assicurato che farà di tutto per un accordo con i Dem: una convergenza su singoli provvedimenti. In ogni caso, ha precisato, bisogna evitare di tornare al voto per impedire che i 5 Stelle passino dal 32% al 40%.
Allora, ha suggerito l'ex Cavaliere, proviamole tutte, «fatevi un amico grillino...». Comunque lo scenario peggiore per gli azzurri è un accordo M5S-Lega. Antonio Tajani, presidente del Parlamento Ue, lo ha esorcizzato così: «Non esiste un'ipotesi del genere perché moltissimi deputati della Lega sono eletti anche con i voti di Fi, di Fdi e di Noi per l'Italia, quindi hanno un vincolo con questi elettori».
2 - IL MOVIMENTO CRESCE ANCORA
Nicola Piepoli per “la Stampa”
Cosa pensano gli italiani a dieci giorni dalle elezioni? Ripeterebbero il loro voto o sono pentiti? E quale alleanza vorrebbero al governo? Dalla ricerca che abbiamo svolto emerge che quasi un italiano su due (49%) è poco o per nulla soddisfatto dell' esito del voto. Mentre il 46% della popolazione è abbastanza o molto contenta del risultato. Quella che è emersa dalle urne è un' Italia frammentata e tocca al Presidente della Repubblica riunirla. Ma come?
Varie sono le ipotesi di alleanze presentate al campione di italiani intervistato. Due sono quelle che più delle altre potrebbero essere accettate come possibile nuovo governo: al primo posto, con il 44% di gradimento, abbiamo l' ipotesi di un esecutivo guidato dal Movimento 5 Stelle. Il partito che ha vinto, aiutato da alcune altre forze, è per l'opinione pubblica la prima scelta. Quasi metà degli italiani si aspetta che Mattarella decida per questa opzione.
Al secondo posto abbiamo, però, con il 32% di preferenze, la possibilità di un governo di «concordia nazionale». In questo caso ci si aspetterebbe che il Presidente della Repubblica scegliesse un «eroe nazionale» a cui affidare la guida del governo. La sentenza degli elettori coinciderà con la decisione del Presidente della Repubblica? Viene in mente, in questo caso, ciò che diceva Charles De Gaulle: compito di un presidente è sapere e meditare su ciò che l'opinione pubblica pensa ma, suo supremo compito, è agire solo ed esclusivamente nell'interesse del Paese.
Non abbiamo però ancora risposto a tutte le domande: come si sono mosse le intenzioni di voto nei giorni successivi alle elezioni? Se si votasse oggi, quale sarebbe il risultato? Come dopo qualsiasi consultazione elettorale ci troviamo di fronte a un «voto pietroso», che conferma l'esito delle urne quasi come una fotocopia: rivediamo la sconfitta del Pd e del centrosinistra nel suo complesso e la vittoria della coalizione di centrodestra, in cui i partiti mantengono le posizioni conquistate il 4 marzo.
Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle possiamo notare un lieve effetto «bandwagon»: il Movimento sembra arrivato al massimo della sua parabola; se avesse ancora un bacino di utenza da alimentare nelle intenzioni di voto di questa settimana sarebbe arrivato a sfiorare il 40%, mentre nelle nostre rilevazioni conquista soltanto un punto percentuale in più. Anche la fiducia nei leader è rimasta a grandi linee invariata.
Si può notare un «ringraziamento» all'operato del premier Paolo Gentiloni, che acquista un punto. L'indice di gradimento degli altri capi di partito resta stabile. A perdere punti è soprattutto Silvio Berlusconi: se si andasse alle elezioni oggi, nonostante la stabilità nelle intenzioni di voto dichiarate, Forza Italia conquisterebbe meno voti proprio a causa della perdita di fiducia degli elettori nel suo leader.
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