DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Franco Bechis per “Libero Quotidiano”
1 - L’UOMO DI VERDINI CHE NON SOPPORTA LE UNIONI CIVILI
Durante il voto sulle unioni civili nei corridoi del Senato si aggirava nervoso un senatore che da poco era quasi entrato in maggioranza: Domenico Auricchio, ex sindaco di Terzigno (lo ha fatto decadere il prefetto dopo una condanna per falso in atto pubblico), entrato a palazzo Madama prendendo il posto di Alessandra Mussolini, e poi traslocato da Forza Italia per seguire il suo leader Denis Verdini in Ala. Auricchio è nervoso, perchè l’ordine di scuderia è quello di far passare le unioni fra i gay e pure le tanto contestate stepchild adoption.
Lui proprio non ce la fa: «Di gay ce ne sono anche nel mio paese. Ma se voto una cosa così, non posso più tornare a Terzigno, o devo farlo con la corazza dietro, perché i miei elettori me la fanno pagare... » (non ha detto esattamente così, ma la frase esatta l’abbiamo censurata). L’unica speranza del povero Auricchio è il voto segreto. Se verrà concesso, lui sa cosa fare: «Perché quando schiaccierò il bottone, Renzi non vedrà. Ma lassù sì...».
2 - MAURO SICURO: L’UE PREPARA UN DOPO-RENZI
Mario Mauro non ha mai amato il governo di Matteo Renzi. Quando infatti il sindaco di Firenze è arrivato a palazzo Chigi,Mauro ha dovuto fare le valigie dal ministero della Difesa. Un po’ prevenuto sarà nei confronti del leader del Giglio magico. Però Mauro è gran conoscitore della politica europea: è stato vicepresidente del parlamento Ue, ha ottimi rapporti con Angela Merkel e con tutti i vertici del Ppe.
Vale la pena starlo a sentire, perché si è fatto un giro nell’Europa che conta fra fine gennaio e la prima settimana di febbraio, ed è rimasto impressionato: «La credibilità del governo italiano è al livello più basso che ricordi. Anche più giù di quella del governo Berlusconi nell’autunno 2011». Lo ha impressionato la riunione del vertice Ppe di fine gennaio. «Fra gli italiani che sono intervenuti c’era anche il mio amico Paolo Alli di Ncd – racconta Mauro - e si è lanciato in un peana sulle importanti riforme del governo Renzi. Il presidente dell’assemblea lo ha subito fermato, dicendogli secco: ma che stai a difendere il tuo premier, che ormai non lo fanno più nemmeno i suoi colleghi socialisti?».
Mauro allora si è messo a indagare, andando a parlare con altri leader del Pse conosciuti in passato. E conferma: «È vero, Renzi deve guardarsi le spalle perfino dai socialisti francesi. Mi hanno detto che Pierre Moscovici proprio non riesce più a sopportarlo...Un clima negativo pazzesco, che purtroppo riguarda anche l’Italia. Credo proprio sia cominciato il conto alla rovescia, come in quel 2011...».
3 - LE AVANCES DELLA CONCIA A MINZOLINI
Paola Concia è stata fra le protagoniste assolute dietro le quinte nella gestione della legge sulle unioni civili e la stepchild adoption. Non è mancata un secondo, abbandonando la Germania (e la sua compagna di vita), in Senato nei momenti in cui si prendevano le decisioni cruciali. Quella legge così è da considerare anche un pizzico sua, seppur in Parlamento non sieda più. Però, per onor di cronaca, va detto che ha provato a convincere in ogni modo i parlamentari dissidenti dell’uno e dell’altro fronte, buttandola quando era il caso sulla simpatia che non le manca.
Le hanno dato una mano anche molti amici della carta stampata, che sembravano avere fatto di questa legge una sorta di battaglia personale rinunciando al distacco dovuto dal cronista. Fra le prede più ambite della Concia c’è stato anche il senatore azzurro Augusto Minzolini, favorevole alle unioni civili, ma fermamente contrario alle stepchild adoption. La Concia ha provato a convincerlo, lo ha coccolato offrendogli da bere in buvette, e scherzando amabilmente.
Minzolini si è fatto grandi risate, ma è restato della sua idea. Fino al gesto estremo e plateale della Concia, in un corridoio zeppo di giornalisti: «Sono disposta al sacrificio supremo»,ha annunciato l’ex parlamentare Pd, «se voti sì, posso anche concedermi a te...». Minzolini è sbiancato. La Concia è scoppiata in una fragorosa risata, e si è fiondata sul cronista: «Oh, scherzavo! Mica avrai in mente di scriverlo?»
4 - C’È CHI NON VUOLE «MR. AMAZON» A PALAZZO CHIGI
È stato sicuramente un gran colpo quello messo a segno da Matteo Renzi con l’arrivo a palazzo Chigi di Diego Piacentini, l’italiano che oggi è il numero due di Jeff Bezos in Amazon. Farà - per giunta gratuitamente- il commissario governativo per l’innovazione e il digitale. Applausi a scena aperta e gran felicità nello staff del presidente del Consiglio. Di tutti. O quasi.
Sembra infatti che l’abbia presa assai meno bene Riccardo Luna, il giornalista che Renzi aveva chiamato con sé come suo personale campione del digitale. Solo qualche settimana fa aveva spiegato, come fa un numero uno, i piani del governo nella reggia di Venaria davanti a una entusiasta Marianna Madia. Ora ha una certezza: il numero uno del digitale governativo non sarà lui. Ha incassato una nomina indiscutibile come quella di Piacentini a denti stretti. Ma a palazzo già lo chiamano il Riccardo furioso.
5 - GUAI A TOCCARE IL CAPPELLO DI BUTTIGLIONE
Rocco Buttiglione è quasi irriconoscibile di questi tempi. Si aggira intorno ai palazzi della politica chiuso in un largo loden verde, e con il volto nascosto da un cappellaccio di cuoio dalle larghe tese. Un dono a cui evidentemente il vicepresidente dei deputati Ap tiene molto. Perché quando qualcuno, incontrandolo per strada, ha provato a scherzare: «Rocco, cosa è questo look da petroliere texano?», lui ha risposto acido e un po’ piccato: «Come al solito non capisci nulla. Questo è un cappello da gaucho cileno!» Che caratterino!
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