ORA TE LA DO IO LA ROTTAMAZIONE - LA PAURA MATTA DI RENZI È FINIRE INGHIOTTITO DALLA PALUDE: ‘RIFORME IN BILICO, CON UN CROLLO DI FORZA ITALIA DOPO LE EUROPEE BERLUSCONI POTREBBE SFILARSI’

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Goffredo De Marchis per "la Repubblica"

«Gli strappi di Berlusconi sono frutto della campagna elettorale, io spero che il patto regga. Ma adesso l'importante è blindare la mia maggioranza». Matteo Renzi si prepara ad affrontare il cammino delle riforme con l'occhio rivolto a dopo il 25 maggio. Teme un crollo di Forza Italia, una tenuta di Grillo e dunque un problema generale sulla progetto costituzionale e sull'Italicum.

Per questo ha cercato di ricucire con il suo partito ed ha praticamente portato a casa il risultato, con l'assemblea dei senatori Pd di ieri. Per questo ha accettato un allungamento dei tempi sulla cancellazione del Senato. Per questo, nei colloqui privati, considera «l'Italicum in bilico, almeno nella sua formula originale. Io sono molto pratico. So che dopo le Europee Berlusconi potrebbe sfilarsi.

Allora andrò incontro alle richieste dei partiti più piccoli, alzando la soglia del ballottaggio al 40 per cento e abbassando il quorum per l'ingresso in Parlamento». Nelle riunioni a Palazzo Chigi con il ministro delle Riforme Boschi e con i tecnici, si sente sempre più spesso dire che «i numeri per approvare le riforme da soli ci sono, anche per la riforma del Senato. Sono quelli della maggioranza di governo».

Non è un caso che ieri il premier-segretario abbia speso metà dell'intervento ad avvertire il Partito democratico sui pericoli che possono venire da Grillo. Invitando a non leggere i sondaggi, chiedendo a tutti compattezza e unità in vista della campagna elettorale. E non è un caso che in tutti i suoi interventi continui a trattare con rispetto Berlusconi anche quando le spara grosse.

Perché un cambio di equilibri il 25 maggio metterebbe nei guai il governo e le riforme. È impossibile infatti sostituire Forza Italia con i 5stelle. In caso di rottura del patto del Nazareno rimarrebbe una sola strada: fare da soli, con Ncd e Scelta civica. I numeri della maggioranza semplice vanno bene anche per cambiare la Costituzione salvo costringere la legge a passare per il referendum confermativo.

Renzi però è convinto di aver superato il giro di boa. Finora i pericoli maggiori per le riforme erano arrivati dal suo partito. Il clima è decisamente migliorato. Anzi, «la partita è praticamente chiusa - annuncia il senatore lettiano Francesco Russo - . Decideremo come eleggere i senatori ma una mediazione è nella logica delle cose. C'è l'ipotesi di un listino a parte nelle regionali o l'elezione indiretta tra i consiglieri. Non ci fermeremo per così poco».

Il premier guarda con più tranquillità anche al confronto con i "professoroni". Lunedì è fissato il seminario con gli accademici organizzato da Maria Elena Boschi e dal Pd. Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà verranno sentiti anche dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Ma il testo del governo è stato già arricchito: sono aumentate le funzioni e le garanzie. «Non somiglia alla Camera come vorrebbero alcuni progetti alternativi. Ma è tornato a essere una gamba del sistema: elegge il presidente della Repubblica, interviene sulla Costituzione», spiega Russo.

Vannino Chiti, portabandiera del Senato elettivo e del dissenso nel Pd, ieri non ha preso la parola. È apparso più isolato dentro il Partito democratico e quindi meno in grado di offrire sponde ai grillini e ai ribelli di Forza Italia. Il Movimento è pronto alle barricate, a inondare il dibattito con quasi 2000 emendamenti al testo base che stanno elaborando i relatori Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli. Alzerà il muro anche in commissione per evitare che prima del 25 maggio le forze dell'intesa possono arrivare a una votazione.

Su quei 2000 emendamenti annunciati, Renzi e il Pd costruiranno una parte della
loro campagna elettorale contro Grillo accusandolo di voler mantenere lo status quo, di salvare il Senato e l'indennità dei senatori. Ma è quello che succede dopo il voto a orientare le scelte di Renzi. Il 10 giugno è la nuova dead line «perché non possiamo finire nella palude».

I gruppi parlamentari del Pd continuano a rappresentare un'incognita nel cammino renziano. Ogni tanto il premier teme di non riuscire a controllarli. Ma ieri è uscito molto confortato dall'incontro con i senatori. E le riforme non sono solo un suo pallino, una sua conquista. Palazzo Chigi sa di poter contare sull'appoggio di Giorgio Napolitano che non accetterà un fallimento o un impasse, tanto più dopo il primo voto sull'Italicum e un successo più vicino sulla riforma costituzionale.

 

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