DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Andrea Bonanni per “la Repubblica”
Bocce ferme, o quasi, fino al 2017. Il rapporto dei quattro presidenti (più uno) sulla governance dell’euro, di cui anticipiamo una bozza in queste pagine, conferma che c’è un patto di ferro franco-tedesco per non riaprire un dibattito sulle istituzioni europee fino a dopo le elezioni che si terranno in Francia e Germania e al referendum britannico sulla permanenza del Regno Unito nella Ue.
Fino a quella data, l’accento viene messo sul rafforzamento della convergenza delle politiche di bilancio e delle riforme necessarie a migliorare la competitività con una apertura, peraltro abbastanza vaga, alla «dimensione sociale», cioè alla necessità di considerare l’impatto che questa politica può avere sulle classi più deboli.
Insomma, almeno nella discussione preliminare, passa la linea tedesca che subordina qualsiasi passo verso la solidarietà ad una maggiore convergenza delle politiche di bilancio. Prima risaniamo i conti e variamo le riforme necessarie a rendere competitive le nostre economie, ha sempre detto Angela Merkel, e poi potremo anche studiare forme di condivisione per fronteggiare crisi bancarie e shock esterni e rafforzare la tenuta della moneta unica.
I leader delle istituzioni europee sembrano aver accettato questa filosofia, come del resto aveva già fatto la Francia, sottoscrivendo una proposta comune con la Germania. La «prima fase», fino al 2017, dovrebbe consistere sostanzialmente nel completamento delle innovazioni già avviate in questi anni, dall’Unione bancaria al fiscal compact, dal varo del mercato unico dei capitali al rafforzamento dell’eurogruppo creando un comitato parlamentare specifico per seguire le politiche dell’eurozona.
Del resto la discussione è ancora allo stadio preparatorio. Il documento finirà sul tavolo dei capi di governo a fine mese e questi, se tutto va bene, dovrebbero «prenderne atto » senza adottare decisioni operative. Il segnale politico che si vuole mandare è la volontà di rafforzare l’integrazione dell’eurozona in un momento in cui, con la crisi greca ancora aperta, potrebbero sorgere dubbi addirittura sulla tenuta complessiva dell’Unione monetaria.
il presidente dell eurogruppo juncker a destra in una rara foto con mario draghi e mario monti aspx
Ma Hollande e Merkel non vogliono che un dibattito sull’euro interferisca con le rispettive campagne elettorali dando fiato al populismo del Front National in Francia e al partito dei falchi sempre in agguato in Germania.
Dopo il 2017, con i nuovi vertici insediati all’Eliseo e alla Cancelleria, e con la Gran Bretagna che avrà, si spera, deciso dove collocarsi e soprattutto abbandonato le richieste di una modifica dei Trattati strumentale al referendum, l’Europa potrà davvero concentrarsi sul passaggio dall’Unione monetaria ad una vera Unione economica e politica.
il primo ministro inglese david cameron
A quel punto si potrà anche capire se, nei due anni che ci separano da quell’appuntamento, il resto dell’eurozona avrà saputo ammodernare le proprie economie restando agganciato alla locomotiva tedesca. In altre parole, per usare una orribile espressione della Merkel, se avrà «fatto i compiti a casa propria». In questo caso è possibile che la Germania accetti di fare quel passo verso l’integrazione che si è sempre ostinatamente rifiutata di fare.
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