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“USARE” ENRICO CONTRO MATTEO - IL PIANO DI BERSANI: FAR CADERE IL GOVERNINO UN SECONDO PRIMA CHE LO FACCIA UFFICIALMENTE QUELLI DEL PDL

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Maria Teresa Meli per Corriere della Sera

«Sarebbe scellerato fermarsi ora, però se non si riesce ad andare avanti, io non resto mica attaccato alla poltrona: voi mi conoscete, io sono uno che si è sempre assunto le sue responsabilità»: è partendo da questa frase di Enrico Letta che l'attuale gruppo dirigente del Pd punta a uscire dal vicolo cieco in cui è finito.

Sperando, di fronte al peggio, cioè alle elezioni anticipate, di andare al voto con l'attuale premier, che con quell'affermazione non ha escluso l'ipotesi di candidarsi. Se Berlusconi dovesse tirare ancora la corda, allora sarebbe il Pd a romperla e a fronteggiare la situazione d'emergenza con Letta.

E sono ancora altre parole, in questa giornata dove le dichiarazioni si sprecano e la verità si nasconde, quelle che fanno fibrillare il piano nobile di Largo del Nazareno. Le ha pronunciate Berlusconi. Non pubblicamente e nemmeno davanti a esponenti del Pd. Ma dinnanzi ai suoi fedelissimi, e c'è chi le ha già riportate ai maggiorenti del Pd. Sono le frasi affidate dal Cavaliere a Daniela Santanchè: «Avevi ragione tu, non dovevo fidarmi di nessuno, non dei giudici, di certo, e nemmeno dei vertici istituzionali di questo Paese. La storia è sempre la stessa: mi vogliono vedere morto».

Al Pd sanno che non è più il momento di temporeggiare. I democratici non apriranno nessuna breccia e formalmente continueranno, in un modo o nell'altro, a sostenere il governo, ma sono pronti alle elezioni. «Non possiamo più escludere nulla e dobbiamo prepararci a ogni evenienza, anche al voto. Noi non abbiamo paura dello scontro, anche se sappiamo che le elezioni sarebbero un errore», ripete Epifani.

Ma siccome il Pd è quello che è, e le lotte intestine prevalgono su qualsiasi cosa, c'è anche dell'altro in questa strategia che non esclude più le elezioni, ma, anzi, quasi le invoca. È il piano B di Bersani. In parole povere, l'idea è questa: far saltare il tavolo di fronte all'ennesima forzatura di Berlusconi.

Già, prendere atto dell'atteggiamento aggressivo del centrodestra e decretare la fine della larghe intese un secondo prima (anche una frazione di secondo) che lo facciano ufficialmente quelli del Pdl, in modo tale da poter spendere Letta in campagna elettorale come l'anti-centrodestra e non come il premier che ha governato con il Cavaliere condannato.

L'idea ronza nella testa di Bersani da qualche tempo. Per lui sarebbe il modo di stoppare Renzi. Il ragionamento che l'ex segretario ha fatto ai suoi è questo: «Se candidassimo Enrico in questa fase potremmo vincere tranquillamente. Infatti Berlusconi non può più scendere in campo in prima persona e, come se non bastasse, Scelta civica si sta spappolando. Perciò, se da una parte gli ex Ds potrebbero avere dei problemi a votare il premier delle larghe intese, dall'altra molti moderati, senza più punti di riferimento né nel Pdl né in Monti, voterebbero senz'altro per una persona come Letta».

Apparentemente il ragionamento non fa una grinza. Se non fosse per il fatto che Renzi non ha intenzione alcuna di lasciare libero il campo e di farsi mettere da parte come se nulla fosse. Il sindaco di Firenze continua a tranquillizzare i suoi. «Calma e gesso e aspettiamo gli eventi prima di prendere una posizione netta». Ma sa che dall'altra parte della barricata si sta mettendo a punto un piano che mira a farlo fuori. Perciò, ancora una volta, si appellerà al popolo delle primarie, ossia al popolo del Partito democratico. «Bersani non creda di fare questa operazione senza il voto della nostra gente», spiega un renziano della prima e della seconda ora.

E comunque il sindaco di Firenze ha una carta in più: l'appoggio della sinistra alleata al Pd. Parola di Vendola ai suoi: «Con Renzi abbiamo ottimi rapporti, con Letta un'alleanza sarebbe dura». Ed è anche di questo che Franceschini ha parlato ieri con il sindaco, in un colloquio non facile e non a carte scoperte, nel corso del quale il ministro dei Rapporti con il Parlamento cercava di capire fin dove Renzi può ancora «coprire» un governo che nel Pd in molti danno già per morto.

 

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