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M. Gal. Per il "Corriere della Sera"
«Abbandono? Assolutamente no». Mario Monti non lascia la politica. «Continuo a mio modo ad interessarmi alla vita pubblica italiana a sostegno di iniziative che siano per le riforme, per l'Europa e contro il bipolarismo conflittuale».
Non lascia la politica, ma un tantino il partito sì: «Non sono mai stato il presidente di Scelta civica, e ho incoraggiato i deputati e i senatori di Scelta civica a pensare a ricoprire la posizione di presidente. Non sarò né presidente, né segretario. Io ero un facilitatore del lancio e di un'idea di un movimento politico, continuerò a guidarlo come punto di riferimento». E in questo momento, aggiunge, c'è solo Scelta civica che si occupa di fare politiche di «accompagnamento e sostegno a iniziative per le riforme, per l'Europa e contro il bipolarismo conflittuale».
Durante la trasmissione «Che tempo che fa», su Rai3, il premier dimissionario minimizza, ma in sostanza conferma quanto scritto dal Corriere, due giorni fa. Precisa il profilo delle sue dichiarazioni, ma rimarca che il destino di Scelta civica, il movimento che è nato intorno alla sua figura, non sarà legato, almeno a livello operativo, alla sua persona.
E se non c'è intenzione di mollare il partito, c'è di certo quella di mettere distanza fra sé e un movimento che è nato per coagulare esperienze e culture diverse e che ha bisogno, a suo giudizio, di camminare sulle proprie gambe: non ha voglia lui, «non è il mio mestiere», di fare quelle sintesi, magari fra cattolici e laici di Scelta civica, che finora non sono ancora maturate. E non ha voglia di mischiarsi con il day by day della politica italiana: «Non ho mai pensato di entrare attivamente in politica e fondare un partito, ma incoraggiare le forze che si riconoscevano nell'attività del governo e che volevano prolungare nel tempo le impostazioni di una politica nuova».
Intervistato da Fabio Fazio parla anche della crisi sociale ed economica, con una critica esplicita alle parti sociali: «Se l'Italia non cresce è dovuto a lacune della politica, ma moltissimo anche a sindacati e imprese. Il mondo del capitalismo non ha saputo ammodernarsi e il mondo dei sindacati ha responsabilità storiche nell'arretratezza. Mi fa piacere che ora sindacati e Confindustria prendano posizioni comuni, ho dedicato buona parte del 2012 a ottenere questo».
Ma il rischio, e qui arriva un'altra critica, è che le posizioni comuni di imprese e sindacati vengano scaricate sui bilanci pubblici: «Non si deve ripetere quello che tante volte è successo in passato, cioè che la Confindustria e i sindacati si mettano d'accordo e poi gli oneri finanziari ricadano sullo Stato». I precedenti accordi hanno avuto come effetto «debiti pubblici e disavanzo dello Stato».
Ovviamente si parla anche del futuro capo dello Stato: «Andiamo incontro a sette anni più difficili dei precedenti e l'autorevolezza del presidente sarà maggiore se questo sarà eletto da una platea molto larga». Non è il profilo di Romano Prodi. E il lavoro dei saggi voluto da Napolitano, continua Monti, «è stato ottimo, se si va a vedere i risultati si vede che il campo per le divergenze tra le principali forze politiche si riduce».
In ogni caso, a giudizio di Monti, vanno soprattutto evitate nuove elezioni: «Mi auguro che si faccia un nuovo governo capace di agire e non elezioni che farebbero perdere altro tempo e che con questa legge elettorale magari darebbero lo stesso risultato».
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