
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
Concetto Vecchio per “la Repubblica”
Di quella sera m’è rimasto il ricordo della pistola puntata alla tempia, il terrorista che dice “se reagite sarà una carneficina”, io che lo supplico di risparmiarmi (“ho moglie e figli”), lui mi spinge contro la parete: “Inginocchiati stronzo!”».
Quanti anni sono passati dall’agguato delle Brigate Rosse di via Mottarone a Milano, quattro democristiani messi contro un muro e gambizzati per vendicare i brigatisti uccisi dai carabinieri in via Fracchia a Genova? Trentacinque. Il 1 aprile ricorre l’anniversario. Uno di loro, il più sfortunato, Antonio Iosa, 82 anni, ora è qui nel suo salotto e sfoglia l’album di una vita rovinata. Ci sono momenti in cui prevale in lui la battuta sferzante, l’estroversione, e altri in cui le forze sembrano abbandonarlo. Ha subito trentaquattro operazioni. Il rischio concreto dell’amputazione. Complicazioni a non finire. Dice: «Anch’io sconto il mio ergastolo, da sciancato».
la brigatista lioce ansa a cxw h c
La sua è una storia umana piena di fascino. Così lo abbiamo seguito per tre giorni ricavandone un web-doc visibile da oggi sul sito di Repubblica: “Il Gambizzato”. Iosa trascina la sua gamba martoriata per una Milano livida. «Arrivai nel 1952 da Casalnuovo, Foggia, eravamo undici fratelli, tutti emigrati. Dieci anni dopo, a Quarto Oggiaro, sull’onda del Concilio, fondai il circolo Perini». È un’avanguardia nella periferia desolata, crocevia del dialogo tra cattolici e marxisti. Ci passa tutta la città democratica: Pasolini, la Cederna, i contestatori del’68, il cardinal Martini. Un giorno uno studente chiede la sala per fare un incontro: Renato Curcio, non ancora terrorista. I fascisti la distruggono nel 1971, tutto il quartiere sfila per le vie del rione.
La brigatista Barbara Balzeranitumblr
Dieci anni dopo, martedì santo del 1980, quattro sicari irrompono nella nella sede Dc del quartiere, annunciano “una perquisizione proletaria”, poi sparano al deputato Nadir Tedeschi, al segretario della sezione Eros Robbiani, al giornalista del Popolo Emilio De Buono, e infine tocca a lui, Iosa, accusato nel volantino di rivendicazione di «ingannare i proletari del quartiere». «Sul letto d’ospedale ebbi finalmente il tempo di pensare, mi resi conto che per politica avevo trascurato la famiglia. Me ne venne un dolore più acuto di quello per la gamba».
Il dolore mai sopito è che la Dc a un certo punto lo abbandona. «Te la sei cercata». Il partito decide di non costituirsi parte civile al processo. Scelto dai terroristi come bersaglio perché era riuscito «a infiltrare la Dc tra la classe operaia », e piantato dalla Dc perché troppo rosso: questo il suo destino. Il tempo nella memoria si è come dilatato. Nessuno ricorda più Pasqua Aurora Betti, la capocolonna Br.
Una bella ragazza del quartiere Ticinese che aveva tentato la carriera come hostess nell’Alitalia e che si era costruita una doppia vita: la mattina insegnava italiano all’Istituto per il Commercio di Abbiategrasso e la sera andava a sparare ai poveri cristi come Iosa. «Per una vita me la sono sognata di notte, la giovane col basco calcato sul capo che mi punta la pistola. Un giorno mi chiesero di incontrarla, accettai. Finalmente l’avevo davanti: era diventata una vecchia. Da allora ho smesso di sognarla».
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