RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 6
Amici e nemici lo considerano un discorso di «candidatura», più che di dimissioni. Ed è evidente come la mossa di Di Maio - con lancio di numerosi sassolini dalla scarpa - sia stata decisa con largo anticipo, sulla scorta di molte pressioni. Il primo a chiederglielo, si racconta nei ranghi del Movimento, è stato Beppe Grillo, che però non avrebbe apprezzato modi e tempi delle dimissioni e che per ora sul suo blog si limita a parlare di «pesticidi a tavola» e di «Gratta e Vinci». Dopo le pressioni, l' ex capo politico ci ha messo oltre un mese a finire di scrivere il suo discorso e, controvoglia, ha deciso di farla finita: ma colpendo duro sui nemici interni e rilanciando con forza la sua leadership. Mossa che non è piaciuta.
davide casaleggio luigi di maio
Ma gli avversari sanno che Di Maio gode dell' appoggio di Davide Casaleggio e che sta ricreando una corte di fedelissimi. Il nuovo cerchio magico dovrà servirgli a sostenerlo nella nuova battaglia che ha intenzione di condurre da qui a marzo. Con le mani libere.
«Ricordiamoci che è il fondatore del Movimento con Casaleggio», ricorda un senatore.
Ed è vero, perché nella nuova associazione «Movimento 5 Stelle», costituita il 20 dicembre del 2017, figurano solo due soci, titolari del simbolo e dell' associazione, mentre Grillo è solo il garante.
Con Di Maio ci sono Laura Castelli, Manlio Di Stefano, Riccardo Fraccaro, Alfonso Bonafede, Enrica Sabatini (ieri devastata da lacrime di commozione) e soprattutto la sindaca di Torino Chiara Appendino, molto spinta dai fedelissimi. La galassia degli avversari - per ambizioni personali o per divergenze ideologiche - si trova di fronte l'immenso compito di ricompattarsi per acquistare forza. Nicola Morra ieri era assente, dopo le polemiche sulla Calabria. Stefano Patuanelli, considerato forse l'unica vera alternativa, c'era e ha abbracciato Di Maio. Del resto l'hanno fatto tutti, amici e nemici.
Non essendoci leader forti, gli avversari pensano a una leadership condivisa. Carla Ruocco parla di «collegialità», stesso ritornello ripetuto da Roberto Fico, Paola Taverna e Roberta Lombardi, in pole position tra gli avversari che potrebbero raccoglierne l'eredità. Ma in questa collegialità tutti sanno che è difficile che manchi Di Maio, magari nella forma di primus inter pares. A meno che non scenda in campo Alessandro Di Battista, in ticket o da solo.
Tutti aspettano, con qualche diffidenza, le prossime mosse dell'ex capo politico. Che, d'imperio, ha deciso di spostare a dopo gli Stati generali la decisione su chi guiderà il Movimento. Un modo per non trasformarlo in congresso ed evitare che l'opposizione riesca a trasformarsi in correnti. Del resto gli avversari sanno che il Movimento è ancora nelle sue mani: sono vicini a lui sia Crimi sia Danilo Toninelli, organizzatore delle campagne, e quasi tutti i facilitatori nazionali. Saranno loro a decidere forma e modi degli Stati generali. Per questo viene confermata la richiesta di un'assemblea congiunta, la prossima settimana, che affronti questi temi.
La questione non riguarda solo chi guiderà il Movimento, ma anche dove andrà. Il vero nodo è questo: fare un'alleanza organica con il Pd o tenersi le mani libere. Di Maio propende per la seconda via e non è sfuggito che per ben due volte abbia messo sullo stesso piano i due governi, Conte I e II, elogiando tutti i ministri. Compreso Matteo Salvini. Non solo, spiega un deputato, «ha anche rivendicato lo stop alle ong». Sull’identità del Movimento si giocherà il futuro. A partire dalla Campania, dove Fico e Grillo chiedono un'alleanza con il Pd.
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