DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
Mauro Favale per “la Repubblica”
«Io un uomo del Pd non lo voto nemmeno sotto tortura», dice Matteo Salvini ospite di In 1/ 2 ora. Per questo, di fronte a un ballottaggio a Roma tra Virginia Raggi e Roberto Giachetti, il leader della Lega sceglierebbe la prima, candidata per M5S.
Un endorsement già espresso due mesi fa ma che, a tre settimane dal voto, diventa un mezzo assist per l’esponente dei Dem: «Prendo atto che i candidati di destra, Meloni con Salvini, Marchini e Raggi, tutto sommato troveranno un accordo per il ballottaggio io rimarrò l’unico candidato alternativo del centrosinistra», dice Giachetti che in queste ore va a caccia dei voti di Stefano Fassina, appeso con le sue liste di sinistra al verdetto del Consiglio di Stato sulla sua riammissione alla corsa per il Campidoglio.
Che l’uscita di Salvini possa favorire il Pd lo intuisce anche Francesco Storace, leader della Destra, alleato di Alfio Marchini: «Salvini è un irresponsabile ad annunciare il voto alla Raggi. Quando si sveglierà, dica che cosa farà quando al ballottaggio ci sarà Marchini». A fine giornata, il segretario del Carroccio è costretto alla precisazione: «Alla faccia di Marino-Giachetti e Fini- Marchini, sono convinto che al secondo turno a Roma ci andranno Raggi e Meloni. Quindi spetterà agli altri decidere da che parte stare il 19 giugno».
La destinataria dell’endorsement, la Raggi, non commenta. «Non faccio previsioni elettorali », ripete come un mantra. Sa, però, che l’uscita di Salvini potrebbe farle perdere una parte dei voti di quell’elettorato di sinistra (quasi) orfano di Fassina. A tutto vantaggio di Giachetti.
Un’area, quella orientata a votare per l’ex viceministro del Pd passato a Sinistra italiana, che attende per oggi (con poche speranze) il giudizio del secondo grado della giustizia amministrativa. Con uno sguardo alla situazione di Roma e uno alle dinamiche nazionali. Già, perché Sinistra italiana rischia di dividersi prima ancora di mettersi insieme.
È il paradosso di una formazione nascente dalla lunga gestazione (il concepimento è avvenuto alla kermesse “Cosmopolitica”, lo scorso 21 febbraio), il cui parto è previsto il prossimo dicembre. Intanto, però, il pasticcio delle liste di Fassina per il Campidoglio, già bocciate dalla commissione elettorale e dal Tar per grossolane irregolarità (mancava la data di raccolta delle firme) sta spaccando quell’area.
Da una parte Fassina che accusa un pezzo di Sel di aver inseguito un altro progetto (sottintendendo un’alleanza col Pd). Dall’altra, appunto, Sel, che attacca il suo (ex) candidato di aver imbarcato pezzi di Rifondazione comunista e dell’Altra Europa con Tsipras: «Basta col settarismo — dice il coordinatore romano di Sel Paolo Cento — siamo una forza alternativa al Pd di Renzi ma non vogliamo perdere la prospettiva di governo». Una rottura che va in scena prima ancora di conoscere il giudizio del Consiglio di Stato. «Parole avventate », dichiara laconico il deputato vendoliano Nicola Fratoianni.
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