DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
coronavirus, militari cinesi con la mascherina 12
Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
Se la situazione dovesse precipitare, si potrebbe arrivare anche a decisioni drastiche, fino alla chiusura delle frontiere o, quanto meno, a controlli molto più rigorosi. «Se ciò significa la chiusura dei confini, ne discuteremo» dice il croato Beros, presidente di turno del Consiglio dei ministri della Salute, riunitosi ieri per discutere dell'emergenza coronavirus o, più correttamente, del Covid-2019.
INTERVENTI
Tracciabilità dei passeggeri negli aeroporti, richieste di informazioni sui viaggi recenti e sui contatti avuti lungo il percorso. Nel consiglio dei ministri della Salute dell'Unione europea, a Bruxelles, chiesto dal rappresentante italiano, Roberto Speranza, sono emerse sensibilità diverse, certo. Francia e Germania, per quanto preoccupate perché il coronavirus è arrivato anche in Europa, sono ad esempio perplesse rispetto alla scelta dell'Italia di bloccare i voli diretti con la Cina, mentre al contrario limitazioni severe sono state decise anche da Repubblica Ceca e Grecia.
Però, nel lungo documento finale, sono state lasciate aperte tutte le opzioni, con il ministro croato (presidente di turno del consiglio della salute) Vili Bero che ha spiegato: «Anche se le misure sul terreno possono essere diverse, la decisione è di rafforzare la collaborazione. La situazione deve essere monitorata costantemente. Certamente, se epidemiologicamente l'emergenza si intensifica, intraprenderemo altre azioni, e se ciò comporta la chiusura delle frontiere, ne discuteremo. Le emergenze richiedono misure straordinarie».
Si tratta di uno scenario a cui si spera di non dovere arrivare. Nell'immediato, ieri non sono mancate diversità di vedute sulla necessità di chiedere a tutti i passeggeri provenienti da paesi a rischio di elencare i contatti avuti. Diversi ministri hanno fatto notare che in questo modo si ingolferebbero gli scali. Anche in questo caso, comunque, la linea comune non esclude che, se il livello di emergenza aumenterà, possano essere applicate a tappeto queste contromisure.
Tuttavia, nel punto 15 del documento c'è stata una mediazione e tra l'altro si dice che «in determinate circostanze, ai passeggeri che arrivano o in transito da aree a rischio potranno essere chieste informazioni sui contatti avuti con le persone di quei paesi».
La linea della massima prudenza della quale - anche subendo delle critiche - l'Italia si è fatta portatrice, è stata riconosciuta nel primo punto del documento votato all'unanimità, in cui si spiega: «Si riconosce che le epidemie di nuove malattie trasmissibili come Covid-19 sono potenzialmente minacce globali alla salute pubblica, in particolare a causa degli elevati volumi e frequenza di viaggi internazionali in un mondo globalizzato».
Al termine del vertice Speranza ha spiegato: «L'Italia in questo momento è il Paese con il più alto livello di salvaguardia e sorveglianza nell'Unione europea. La nostra linea resta sempre la stessa: no allarmismo, che è sbagliato e non ha senso, ma tenere l'attenzione molto alta. Questa è la direzione di marcia del nostro governo».
SCELTE
Come detto, uno dei motivi di divisione è la decisione del nostro Paese di bloccare dei voli diretti con la Cina, che ha suscitato tensioni con Pechino: secondo l'Italia rappresenta una sorta di avallo il punto 11 del documento finale del consiglio dei ministri della Salute, in cui si riconosce l'«efficacia delle misure nazionali adottate alle frontiere per proteggere la salute pubblica». Più in generale, è sui voli internazionali che si concentra l'attenzione e dunque l'intensificazione dei controlli.
Ha concluso la commissaria europea per la salute, Stella Kyriakides: «Nel complesso siamo ben preparati ad affrontare potenziali casi. Ma dobbiamo essere pronti nel caso in cui la situazione peggiori. Ed è su questo che dobbiamo fare di più. Siamo ancora nella fase di contenimento e, se la situazione peggiora, avremo bisogno di maggiore solidarietà e cooperazione. I singoli Paesi devono essere pronti, ma dobbiamo prepararci come collettività e in modo coordinato».
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