IL PADRINO DI ROMA DI NUOVO IN GABBIA - IL MITOLOGICO ENRICO NICOLETTI, 75 ANNI DI STROZZINAGGIO E RICICLAGGIO CON LA BANDA DELLA MAGLIANA CONDANNATO AD ALTRI 6 ANNI DI CARCERE: È ANCORA UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA MALAVITA - NEGLI ANNI ’80, ALLA PORTA DELL’EX CARABINIERE BUSSAVA TUTTA LA ROMA CHE CONTAVA - “ANDREOTTI? L´HO SALVATO IO... HANNO FATTO DI TUTTO PER CONVINCERMI AD ACCUSARLO E SO CHE MI VUOLE BENE” - “I CALTAGIRONE? MANCO LI GUARDAVO”...

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Massimo Lugli per "la Repubblica - Roma"

«Sono vecchio, non voglio morire in carcere». Quando i carabinieri gli hanno consegnato l´ordine di custodia cautelare il vecchio leone, per un attimo, ha vacillato e ha dimenticato il suo orgoglio, l´orgoglio di uno che trattava da pari con Andreotti e Sbardella, che riceveva i politici come un principe in udienza e considerava i "bravi ragazzi" della Magliana poco più che un gruppo di discoli.

Poi Enrico Nicoletti, 76 anni, immortalato da Giancarlo De Cataldo nel personaggio del "Secco" ha giocato il tutto per tutto: «Mi sento male, non mi regge il cuore». Corsa in ospedale, sette ore di accertamenti ma alla fine, implacabilmente, l´anziano boss è tornato in carcere. Un arresto di pura burocrazia giudiziaria: una vecchia sentenza per usura di 6 anni e 6 mesi, resa definitiva in Cassazione. Inutile il tentativo del difensore, Massimo Biffi, di far scontare al "Secco" la pena ai domiciliari: la suprema corte ha stabilito che le sue condizioni di salute sono compatibili con la detenzione. Ma c´è da giurare che dietro le sbarre Enrico Nicoletti ci resterà poco.

L´ultimo arresto era scattato a luglio per una storia che sembrava tratta da una commedia all´Italiana: una banda di truffatori ben agganciati nel ramo delle aste giudiziarie che aveva imbastito una serie di vendite fantasma, la villa di Cafù, quella di Cragnotti e perfino qualche quota del palazzo della Questura. Roba da far impallidire il Totò-truffatore che piazzava la fontana di Trevi ai turisti.

Sorriso sghembo, una faccia un po´ rincagnata che ricorda vagamente il cipiglio di Aldo Fabrizi, aria sorniona e accento rustico, Enrico Nicoletti non è un residuo del passato ma, per dirla con il magistrato Otello Lupacchini: «Un punto di riferimento della malavita finanziaria, uno di quei vecchi nomi mai scomparsi dalla scena». Arresti a catena, sequestri di beni per cifre da multinazionale, accuse che vanno dall´associazione per delinquere all´usura, dalla truffa all´estorsione, dalle rapine al riciclaggio eppure lui è sempre lì, acciaccato, ingrigito, semiparalizzato da un ictus e sempre pronto a dispensare battute al veleno.

«La Magliana? Manco sapevo che esisteva... Enrico De Pedis (Renatino, il boss assassinato in Centro il 2 febbraio del 90, un delitto che scatenò una faida sanguinosa tra i reduci della Magliana, ndr) l´ho conosciuto in carcere... Mi faceva il caffè, mi lavava i calzini e mi ascoltava come un oracolo... Quando è uscito gli ho prestato 250 milioni per comprarsi un ristorante e poi ha restituito tutto».

«Andreotti? L´ho salvato io... Hanno fatto di tutto per convincermi ad accusarlo e so che mi vuole bene... Era già amico di mio padre e quando stava a palazzo Chigi mi aveva dato accesso libero. Quando però scelsi di schierarmi con Vittorio Sbardella non me lo perdonò, mandava Franco Evangelisti a pregarmi...». «I Caltagirone? Manco li guardavo». E ancora: «Potevo comprarmi il Messaggero quando Perrone voleva liberarsene ma non avevo tempo: davo lavoro a 1500 persone».

Smargiassate? Fino a un certo punto. L´ex carabiniere sbarcato dal Frusinate, di certo, era uno che contava nella Roma ruggente degli anni 80, un imprenditore che muoveva miliardi e che frequentava politici, cardinali, faccendieri di ogni risma. L´anno dell´incoronazione fu il 1981, dopo l´omicidio di Mimmo er Cravattaro, al secolo Domenico Balducci, usuraio, palazzinaro e consulente finanziario della mala.

Il "Secco" non ha mai amato l´understatement (nella villa trasformata nella casa del jazz c´erano rubinetti d´oro e Jacuzzi a due piazze) e uno dei primi passi fu quello di comprarsi la casa del banchiere Arturo Osio, disegnata negli anni 30 da un allievo di Piacentini. Quando "Paese sera" scoprì i suoi intrallazzi nella costruzione dell´Università di Tor Vergata Nicoletti era già una potenza.

Le condanne definitive assieme al gotha della Magliana non le ha mai mandate giù: «I giudici non hanno mai detto che ero il cassiere della gang, come scrivono i giornali, io non ho mai avuto bisogno di loro». E di sicuro per almeno 10 anni gran parte della Roma che contava sul serio faceva la fila per bussare alla sua porta e soprattutto per portargli i soldi da investire. Ora l´avvocato Biffa parla di "prassi giudiziaria anomala" nella decisione della Cassazione di rispedire "il Secco" dietro le sbarre ma una cosa è sicura: questa non è l´ultima volta che Enrico Nicoletti fa parlare di se.

 

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