
DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA…
Ugo Magri per "la Stampa"
Quattro giorni alla Grande Stangata: nei partiti sale la febbre dell'attesa. Tutti temono le misure di Monti, ma il Professore non le rivela, e nessuno ha interesse a scoprirgli le carte. Strano paradosso. Proprio nel passaggio più delicato, tra Monti e chi lo sostiene sembra calare il black-out. Casini, che la sa lunga, teorizza il massimo di sostegno al Professore ma nello stesso tempo invita a non distrarlo, «quando si tratta di salvare il Paese non servono riunioni preventive». Sfuma il vertice che avrebbe dovuto riportare intorno al tavolo Alfano, Bersani e lo stesso Casini.
Era previsto ieri sera; poi, per qualche motivo, la riunione è saltata. Alfano ha aspettato invano una chiamata da Monti, almeno così ha detto ai suoi. Oggi al massimo ci saranno contatti informali tra il premier e i segretari della maggioranza. Il fenomeno va spiegato così: più si avvicina la resa dei conti, e più i partiti (con gli elettori in fermento) capiscono che è meglio non farsi vedere troppo abbracciati al Preside. La loro tecnica consiste nel cadere dalle nuvole lunedì, «noi ci eravamo tanto raccomandati...», e allargare le braccia di fronte ai sacrifici, «purtroppo con Monti non si discute, l'alternativa sarebbe una bancarotta».
Nel Palazzo il terrore è autentico. Il ministro Giarda, incontrando un esponente di partito, l'ha lasciato senza parole: «Siccome ci saranno misure durissime, dovremo essere altrettanto duri nel tagliare i costi della politica...». L'Italia plaude alla morte del vitalizio, ma cosa dirà quando Monti presenterà il conto? L'incubo peggiore nel Pd è una manovra sbilenca che subisca da Berlusconi il veto sulla patrimoniale, in compenso massacri la povera gente.
C'è aria di sciopero generale, se Bersani mettesse la firma sul taglio delle pensioni poi dovrebbe fare i conti con la Camusso. Ecco perché il segretario democratico cerca di piantare paletti, «non si può considerare il governo su posizioni di tutela degli interessi forti». E ancora: «L'intervento sulle pensioni? Sono solo voci, e comunque non condivido tutto...».
Stessa scena, ma rovesciata, nell'altro accampamento. Monti si prepara a fare tutto ciò che il governo Berlusconi aveva evitato per calcoli elettorali. Rinascerà l'Ici sotto altra veste, e nel Pdl sanno che la loro gente li inseguirà con i forconi perché, protesta Osvaldo Napoli, «quella è la tassa più iniqua». Anche a destra farà male la botta sulle pensioni, con la Lega scatenatissima che voterà contro, il Pdl a favore. Laddove viceversa tutti sarebbero per la patrimoniale, e qualcuno tipo La Russa o Gasparri lo dice apertamente. Ma Berlusconi ancora non cede, si intuisce il perché.
Il Cavaliere ha riunito a cena gli ex-ministri che scalpitano per riavere un ruolo. Triste rimpatriata. Silvio vorrebbe dar vita a un «governo ombra» in cui ciascuno riprenda il posto che aveva prima, ma gli hanno obiettato: non è possibile, siamo ancora in maggioranza mica all'opposizione. Per cui alla fine farà delle commissioni di studio, dei ricchi comitati. Infine incarico ad Alfano di trovare qualcosa da fare ai ministri senza poltrona.
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