DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Liana Milella per www.repubblica.it
Le toghe si dividono anche al Csm. No di Magistratura indipendente a una “pratica a tutela” dei giudici di Roma che hanno bocciato il governo sui migranti. Una decisione firmata da sei magistrati che fanno parte di una sezione, quella sull’immigrazione di piazzale Clodio, composta da 22 toghe di ogni estrazione culturale.
C’è chi non è iscritto ad alcuna corrente, chi lo è, tra cui anche aderenti a Magistratura indipendente. Ma, evidentemente, il caso Patarnello, su cui Mi si è pronunciata contro, influisce su tutto il resto.
Mentre sullo sfondo c’è il congresso dell’Anm che si tiene a fine gennaio, in cui verranno nominati il nuovo presidente e il nuovo segretario, con una fortissima aspirazione proprio di Magistratura indipendente ad assumere questo ruolo. Il nome più accreditato è quello dell’attuale segretario di Mi Claudio Galoppi.
Ma tant’è. Stiamo ai fatti di oggi. Appena accaduti al Csm. Dove la pratica, alle 9 e trenta, è stata depositata all’ufficio di presidenza, composto dal vicepresidente Fabio Pinelli e dai vertici della Cassazione, la prima presidente Margherita Cassano e il procuratore generale Luigi Salvato.
In calce riporta le firme dei sei consiglieri di Area, dei quattro di Unicost, dell’unica rappresentante di Magistratura democratica, dei laici del Pd Sergio Romboli, di M5s Michele Papa, di Italia viva Ernesto Carbone.
Ma ecco il testo. “Al Comitato di Presidenza. A seguito di alcune recenti ordinanze adottate dal Tribunale di Roma in tema di protezione internazionale, si sono succedute numerose dichiarazioni da parte di importanti esponenti politici nazionali che hanno duramente attaccato i magistrati. Le critiche alle decisioni giudiziarie non possono travalicare il doveroso rispetto per la magistratura: applicare e interpretare le leggi di fonte nazionale e sovranazionale nei singoli casi non significa occuparsi di politiche migratorie o di altro genere”.
E ancora: “I provvedimenti attaccati, sui quali non si esprime alcuna valutazione di merito, si fondano sulle decisioni della Corte di Giustizia Europea, vincolanti per i giudici nazionali, e sulle informazioni predisposte dallo stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Le ordinanze del Tribunale di Roma, se non condivise, possono essere impugnate innanzi alla Corte di Cassazione, come peraltro avvenuto in un caso similare di qualche mese fa e riferito alla cauzione prevista dal decreto Cutro. Anche in quell’occasione vi furono significative polemiche su alcuni provvedimenti emessi dai giudici di primo grado, ma i ricorsi sono stati successivamente oggetto di rinuncia, con il consolidamento delle decisioni adottate”.
La richiesta di pratica a tutela si conclude così: “Le dichiarazioni di queste ore da parte di importanti rappresentanti delle istituzioni alimentano un ingiustificato discredito nei confronti della magistratura, tanto da imporre l’apertura di una pratica a tutela della sua indipendenza e autonomia”.
Ovviamente anche i consiglieri laici del centrodestra - sei in tutto, tre espressione di FdI, due della Lega e uno di Forza Italia - non hanno sottoscritto la pratica a tutela che, fuori dai tecnicismi, rappresenta un appoggio istituzionale, una tutela appunto, rispetto all’attività giurisdizionale dei magistrati oggetto in quel momento di una forte aggressione mediatica.
Che, per di più, unisce due fatti: da un lato la decisione collettiva dei giudici di Roma sul decreto migranti, dall’altra la mail inviata alla lista dell’Associazione nazionale magistrati da Marco Patarnello, sostituto procuratore generale in Cassazione, da sempre toga di Magistratura democratica, che, rispetto al testo effettivo, ha avuto un’interpretazione esasperata da parte dei partiti di maggioranza. Ma che è stato criticato anche da Magistratura indipendente.
[…] I togati del Csm oggi, con il loro documento, vogliono “tutelare” l’attività giudiziaria di questi colleghi, garantendo loro una copertura istituzionale rispetto alla pioggia di critiche, anche personali come nel caso di Silvia Albano, la presidente di Magistratura democratica, che si sono scatenate contro di loro.
Ma due ore dopo il deposito della richiesta della pratica a tutela, priva delle firme dei sette consiglieri di Mi, sono proprio loro a spiegare le ragioni della mancata firma sulla pratica. Che “per com’era formulata non poteva essere sottoscritta”. Ma ciò non esclude la loro “solidarietà ai colleghi del tribunale di Roma che, siamo certi, hanno in coscienza applicato il diritto con professionalità e indipendenza”.
Tra i quali, appunto, ci sono anche aderenti al loro gruppo associativo. Ma perché la mancata firma allora? Perché - dicono i sette di Mi - “manca la necessaria presa d'atto dell’inopportunità delle dichiarazioni pubbliche in precedenza rilasciate da un componente della sezione immigrazione, firmatario dei provvedimenti, con le quali era già stata più volte manifestata una precisa e netta posizione di contrarietà alla normativa da applicare”.
La giudice in questione è proprio Silvia Albano, la presidente di Magistratura democratica. Dunque una contrapposizione tra due correnti d’ispirazione ideologica contrapposta, Mi gruppo conservatore, Md gruppo progressista. Mi conclude insistendo sul fatto che “le critiche su provvedimenti giudiziari sono legittime, ma devono essere ispirate a criteri di continenza e ancorate alla motivazione giuridica espressa".
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