
DAGOREPORT - CHE LA CULTURA POLITICA DEI FRATELLINI D’ITALIA SIA RIMASTA AL SALTO NEL “CERCHIO DI…
SDM per "il Foglio"
Ci doveva provare col compagno Togliatti, il (non) compagno Renzi. Alle Frattocchie per un ripasso, lo rimandava. A raccattar palle a bordo campo (del partito), lo spediva. I senatori povericristi – già di loro, secondo riforma e politicamente parlando, “in articulo mortis”, volendo in “zona Cesarini” – inchiodati dentro l’Aula di Palazzo Madama: ché nelle orecchie fischia il semestre europeo, ma soprattutto squilla l’arbitro che a Natal avvia la disfida nostra con l’Uruguay.
Pirlo o Juncker – figurarsi, c’è da discuterne? Il tifoso Renzi, che la Fiorentina ha più cara persino di Delrio, e che con Prandelli ingoiò apposita banana antirazzista, stavolta l’ha fatta grossa: abolire Giovanardi pazienza, cancellare Marchisio è più complesso. In campo (sportivo), nonostante il recente recupero delle feste dell’Unità, e il supporto logistico/ideologico di Orfini, l’inesperienza si è vista tutta.
Mai, la meglio politica, a sinistra era andata contro il pallone. Questione di cuore, a volte. Questione di masse, sempre. Togliatti, si diceva. Una volta chiese i risultati di una partita a Pietro Secchia. Il quale, ovviamente, li ignorava. Il Migliore sbarrò gli occhi, e impartì rapida lezione di tecnica politica al più sovversivo e bolscevico di Botteghe Oscure: “E tu, pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati della Juventus?”.
Persino dopo l’attentato, al risveglio dall’operazione, raccontano, per prima cosa chiese: “Cos’ha fatto la Juventus?”. Ecco: non si dà rivoluzione senza colpo di pallone. Il socialismo col compagno è gran bella aspettativa, ma col capitano Boniperti è meglio. Lo stesso, c’è sempre una parte (minoritaria) a sinistra che sulle masse pallonare il nasino aristocratico storce, e lo stomaco si turba rispetto al defilarsi delle masse dal rigore della lotta per il rigore di Balotelli.
renzi e prandelli con la banana
Storia vecchia. Per esempio, ecco che salta fuori una curiosa intervista, nel trionfale 1975, di Enrico Berlinguer a Tuttosport. Già il titolo diceva tutto: “Lo stadio non è oppio”. E spiegava, ai lettori/compagni/elettori sportivi, il segretario comunista: “Non sono d’accordo con quegli intellettuali, diciamo pure intellettuali di sinistra, che, un po’ schizzinosi, criticavano, o criticano ancora, lo sport a livello di spettacolo, come strumento di alienazione delle masse.
Non penso che l’operaio, se alla domenica va allo stadio, il lunedì sia meno preparato ad affrontare i problemi del lavoro, le battaglie sindacali”. E come Togliatti prima di lui, allo stadio ci andava. Juventino, giurano tutti, “ah, Cuccureddu…”. “Tifava Cagliari”, assicurano certi compagni. Una volta gli dissero: “Sappiamo che lei è un tifoso juventino”, e lui, secco: “Nooooo, io tifo la Torres!”.
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