GIRO DI WALTER ANTI-RENZI - VELTRONI ALLA SCUOLA “HOLDING” DI BARICCO: “NON C’È IL RISCHIO CHE UNA SOCIETÀ TUTTA INCENTRATA SULLA VELOCITÀ POSSA GENERARE UN DISEGNO NEO-AUTORITARIO?”

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Jacopo Iacoboni per “la Stampa

 

Walter Veltroni Walter Veltroni

Walter Veltroni non parla più di politica da tempo, decisione ferma che non rivede qui, nella bellissima fabbrica della Holden, un posto assai distante dalle beghe in cui è invischiata l’Italia, la ex Caserma Cavalli di Torino restaurata e diventata la nuova sede della scuola di Alessandro Baricco.

 

Il leader del Lingotto non fa il benché minimo accenno a Renzi, non parla certo del governo, o del Pd; si trattiene un’ora e mezza a discutere del concetto di Tempo nella narrazione e nella nostra società, davanti a studenti di fronte ai quali prende energia, rinato, allegro.

 

Ogni cosa che dice - comprese quelle che leggerete qui - si muove dunque su un piano di «pensieri altri», come li chiama lui, rispetto alla politica. Naturalmente ognuno ha poi il diritto di attivare, ascoltando le sue considerazioni, i pensieri che crede.

walter veltroni e amal alamuddin al matrimonio clooneywalter veltroni e amal alamuddin al matrimonio clooney

 

Eccolo allora parlare delle tre dimensioni del tempo - Heidegger avrebbe detto le tre ecstasi - passato presente e futuro. «Oggi noi siamo dentro una narrazione incatenata al presente. Il passato è considerato un ferro vecchio, il futuro, per citare una canzone, è un buco nero in fondo a un tram» (la canzone, per inciso, è Io e te di Jannacci, pochi in sala paiono cogliere l’elegantissima citazione).

 

Prosegue Veltroni: «Siamo immersi dentro un presentismo nel quale la dimensione prevalente è la velocità». «Mai - dice ai ragazzi - la società è stata così veloce come in questi ultimi anni, impetuosi, persino frenetici. Un giornalista americano ha detto che oggi l’opposizione cruciale non è più tra grandi e piccoli, ma è i veloci che mangiano i lenti».

 

È qualcosa, constata Veltroni, legato ovviamente alla tecnologia (anche se non solo), «e io non ho mai condiviso un certo catastrofismo della parte politica a cui faccio riferimento, soprattutto a cui ho fatto riferimento quando ero più attivo». Il mood è, insomma, quello di un uomo che è andato oltre, totalmente.

baricco baricco

 

Eppure parlando di cinema, citando Bertolucci, facendo vedere spezzoni di film, passando da 2001 Odissea nello spazio a Memento di Nolan a Obdulio Varela, la visione veltroniana si delinea sempre più. A un certo punto arriva a mettere in relazione il tempo e la democrazia. «Come si coniuga questa velocità anche frenetica con la democrazia? La democrazia ha procedure che sono spesso lente, e hanno bisogno di tempo. Ma se questo tempo non è concesso, questo cambia i paradigmi fondamentali della politica».

 

Le domande suonano anche molto pungenti, almeno per chi fa il reporter: «Non c’è il rischio che una società tutta incentrata sulla velocità possa generare un disegno neo-autoritario?». Cita Gustavo Zagrebelsky e le questioni severe poste nel suo Il crucifige e la democrazia.

renzi al vertice ue di milano renzi al vertice ue di milano

 

Lui però è più ottimista: «Io mi ostino, per ottimismo, a immaginare che queste due dimensioni (velocità e democrazia) siano coniugabili. Penso che esista un rapporto tra tempo e democrazia». Ma la sensazione è che sia un ottimismo della volontà, fortemente messo alla prova dalla realtà.

 

Sentire uno speech di Veltroni nella stagione attuale è come sentire Francis Scott Fitzgerald nell’epoca dei discorsi da call center. Al netto delle citazioni (McEwan e Soriano, Bertolucci e Pasolini). Racconta, Veltroni, di quando - finale mondiale del 1950, Brasile Uruguay al Maracanà - l’uruguaiano Obdulio Varela raccolse in fondo al sacco il pallone dopo il primo gol del Brasile.

 

Walter Veltroni in Piazza di Spagna negli anni Settanta con Pasolini e Adornato Walter Veltroni in Piazza di Spagna negli anni Settanta con Pasolini e Adornato

«Lo prese, lo mise sotto braccio e camminò fino a centrocampo, lentissimo, ci mise un secolo». Lo stadio, che prima ululava di gioia e terrorizzava gli uruguagi, s’ipnotizzò; i brasiliani, che già vedevano la goleada, capirono che la lentezza di Varela era una svolta. «In quel caso - chiosa Veltroni - la lentezza è stata più forte della velocità».