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Estratto dell’articolo di Elena Dusi per “la Repubblica”
Per il test basta un soffio. «Riempia d’aria i polmoni, poi espiri finché ne ha», raccomanda Angela Sabalic, biologa dell’Istituto europeo di Oncologia di Milano. Una donna soffia nel boccaglio e riempie d’aria due sacchetti trasparenti, collegati a una scatola piena di chip poco più grande di una saponetta. Lo strumento — il naso elettronico — inizia a ronzare. Mezz’ora dopo su uno schermo è comparsa una serie di curve.
«Sono l’impronta del respiro. L’analisi delle molecole presenti nell’espirato ci sa dire con buona precisione se la donna ha un tumore al polmone» spiega Roberto Gasparri, vicedirettore della chirurgia toracica dello Ieo. La paziente in questo caso sta benone: è qui per testare il naso elettronico nella prima sperimentazione su un numero significativo di volontari in Italia (200 in tutto).
IL NASO ELETTRONICO CHE SCOPRE IL TUMORE AI POLMONI 1 DI 2
«Ma il mio sogno è vederlo in uso in ogni farmacia o negli studi dei medici di famiglia. Spero di realizzarlo prima di andare in pensione» sorride Gasparri, che ha 56 anni e buone probabilità di farcela. «Nove tumori su dieci, fra quelli che vediamo, sono a uno stadio avanzato», lamenta il medico.
«Il polmone è uno dei pochi organi che non ha strumenti per la diagnosi precoce utilizzabili su larga scala. Per questo la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è solo il 37%. Mentre seno e colon hanno abbattuto la mortalità grazie agli screening di massa, il polmone non ha visto praticamente miglioramenti da quando sono entrato per la prima volta in sala operatoria».
In Italia ogni anno la malattia fa registrare 43 mila diagnosi e 31 mila vittime. Il naso elettronico ha il compito di colmare questa voragine. «Chi verrà trovato positivo al test del respiro potrà poi approfondire la diagnosi con una Tac», spiega Lorenzo Spaggiari, direttore del reparto di chirurgia toracica dell’ospedale milanese, fondato nel 1994 da Umberto Veronesi.
IL NASO ELETTRONICO CHE SCOPRE IL TUMORE AI POLMONI 2 DI 2
«Nel primo sacchetto — spiega Sabalic — si accumula l’aria che arriva dalle alte vie respiratorie, meno utile. Il secondo invece contiene l’ultima aria espirata, quella che proviene dagli alveoli ed è impregnata delle molecole che erano a stretto contatto con i polmoni. L’aria espirata contiene miliardi di molecole diverse. Solo poche centinaia sono state identificate con nome e cognome».
[…] Buona parte dell’analisi chimica del respiro è così affidata al software del naso elettronico e all’intelligenza artificiale. Lo strumento sfrutta la proprietà di alcuni cristalli di quarzo microscopici, che cambiano velocità di oscillazione quando si legano a molecole che hanno pesi diversi. Il naso elettronico viene perfezionato da anni nello storico studio- officina dell’università di Tor Vergata a Roma. I suoi padri sono gli ingegneri Arnaldo D’Amico e Corrado Di Natale, che l’hanno messo alla prova nei campi più diversi: dalla misurazione della freschezza del pesce all’analisi dei cadaveri per il gruppo scientifico dei Carabinieri.
«Sono stati proprio i Ris di Parma a mettermi sulle tracce del naso elettronico — ricorda Gasparri — Una volta ero in un ospedale in attesa che mia figlia finisse un intervento. Su una parete era appeso il volantino di una nuova sperimentazione: un test del respiro per diagnosticare ulcera dello stomaco e helicobacter pilory. Se si fa per lo stomaco, ho pensato, a maggior ragione dovrebbe funzionare con il polmone».
Al momento gli strumenti più usati per la diagnosi, le radiografie, identificano solo noduli più grandi di un centimetro. Si tratta spesso di tumori allo stadio avanzato, difficili da eliminare con la chirurgia. La Tac a basso dosaggio, molto più precisa, in Italia non viene prescritta con regolarità e molti dei noduli che individua non sono di origine tumorale. Spesso quindi richiede altri esami di approfondimento.
«A mancarci è un test semplice in grado di diagnosticare un cancro del polmone allo stadio 1, che è più piccolo di un centimetro e non è arrivato ai linfonodi — spiega Gasparri — Eliminare tumori così, per noi chirurghi, sarebbe facile. Oggi invece su 40 casi che vediamo nel nostro reparto solo 5 sono allo stadio 1». […]
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