DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell'articolo di Federica Nannetti per www.corriere.it
«È difficilissimo tenere un segreto, non dire mai le cose fino in fondo; magari prendere una pastiglia e doverlo fare di nascosto, o senza dire la verità. Ma da quando ho deciso di raccontare tutta la mia storia sono stato travolto di messaggi, pensieri, abbracci. Segno che forse sono arrivato dove volevo arrivare».
Joost Rijnbeek, 44enne olandese d’origine ma bolognese d’adozione e manager alla Ducati, lo scorso primo dicembre, giornata mondiale contro l’Aids, ha deciso di ripercorrere la sua storia, da quella diagnosi ricevuta ormai più di dieci anni fa fino a oggi.
«Mi aspettavo una reazione, ma non così imponente – ha ammesso –. Sono rimasto molto colpito soprattutto dal tempo che tante persone mi hanno dedicato per scrivermi anche solo un messaggio. Devo ancora finire di leggerli tutti. Poi tutto è coinciso con la festa della Ducati: una grandissima emozione, con tanti amici e colleghi che è stato bello abbracciare».
Segno, questo, che c’è bisogno di parlarne di più e nei giusti termini.
«Assolutamente sì. Anche persone molto giovani mi hanno detto e hanno riconosciuto di non sapere molto dell’Hiv e dell’Aids, delle cure, della prevenzione, dei test. L’importante è proprio che se ne parli, magari anche in famiglia tra genitori e figli, così da iniziare a superare quello stigma che ancora c’è».
Stando ai dati forniti dalla Regione Emilia-Romagna, dal 2006 al 2023 i nuovi casi di Hiv sono diminuiti del 40%, ma nell’ultimo anno sono aumentati. È elevata, per esempio, la percentuale delle persone che arriva a una diagnosi tardiva.
Cosa ancora non si conosce fino in fondo?
«Per esempio le cure: negli anni si sono molto evolute. Un mio amico storico, di New York, ci convive da 30 anni e inizialmente doveva sopportare pesanti effetti collaterali. Io invece non ho mai sperimentato nulla di tutto ciò: ho iniziato con le pastiglie, che sono andate diminuendo nel numero con il tempo, e ora seguo la terapia con le iniezioni ogni due mesi. Una terapia che tiene sotto controllo il virus; già da anni ho la viremia azzerata. Non sono cioè contagioso e sapere di arrivare a questa possibilità è importante anche per gli altri e per la loro cura».
Consapevolezza che può essere alla base della rimozione di uno stigma?
«Penso proprio di sì. Credo che nell’immaginario ci sia ancora molto l’idea di una volta, legata anche alla paura. Riuscire ad aprirsi credo sia importante, anche perché non si sta bene a tenere tutto dentro, a tenere un segreto a lungo. Tuttavia è una scelta assolutamente personale. In questi giorni mi sono state rivolte tantissime domande, anche pratiche, segno probabilmente che la comunità è più avanti della politica che la rappresenta. In ogni caso bisognerebbe fare di più e penso soprattutto a una cosa». [...]
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