DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Rachele Ferrario per Dagospia
Massima allerta a Parigi. Tre allarmi alla reggia di Versailles e uno al Louvre. Ogni volta si sgombera, ogni volta i turisti da tutto il mondo rispondono proseguendo poi nella visita dei luoghi iconici in cui si è fatta e si è celebrata la storia di Francia. La guerra e la paura si toccano in ogni luogo ma il fatto di essere sopravvissuti a una pandemia ci ha reso meno disponibili a rinunciare a vivere nel modo che ci piace.
E così l’allarme terrorismo non basta a fermare né il turismo né la stagione dell’arte, che proprio in questi giorni ha aperto la fase più interessante dell’anno con le aste internazionali, le più attese Christie’s e Sotheby’s e l’edizione francese della fiera di Art Basel, Art+Paris al Grand Palais Èphémère sotto la Tour Eiffel, che sostituisce il Grand Palais ora in ristrutturazione in vista dell’Olimpiade.
Art+Paris al Grand Palais E?phe?me?re
E poi le mostre che solo qui e in nessun’altra parte del mondo sanno fare: straordinario Rothko nel parallelo con Giacometti alla Fondation Louis Vuitton; Nicolas de Staël al Musée d’Art Moderne; L’ultimo Van Gogh e Peter Doig al Musée d’Orsay; Modigliani e il suo mercante, Paul Guillaume, all’Orangerie e la bella mostra fotografica Corps à corps al Centre Pompidou.
Fondation Louis Vuitton mark rothko
Parigi, insomma, si è ripresa la scena, mentre Londra è apparsa sottotono con Frieze, che lascia perplessi ed è meno vivace e centrale in una capitale che con la Brexit ha scelto di essere altro dall’Europa. Il popolo dell’arte è qui, le gallerie hanno scelto Parigi.
Qualcuno ha disdetto all’ultimo momento ed è rimasto a casa, ma in fiera nelle prime ore della giornata il parterre di critici, direttori di museo, collezionisti, artisti è così affollato da non riuscire a guardare le opere.
Ci prova il critico americano Klaus Biesenbach occhi chiari, che brillano indagatori, simili a quelli di Palma Bucarelli quand’era a caccia di capolavori. Ci sono anche Massimiliano Gioni e Cecilia Alemani, Catherine David del Pompidou e Arturo Galansino, che a Parigi è di casa.
CECILIA ALEMANI E MASSIMILIANO GIONI
Nonostante la ressa, le mascherine sono un lontano ricordo, l’euforia di incontrarsi nei corridoi prevale su tutto. Anche se all’ingresso da Barbara Gladstone, la famosa gallerista di New York, l’opera di Rirkrit Tiravanija, nato in Argentina ma di origini tailandesi, ci riporta ai pericoli che ci sovrastano.
Campeggiano pannelli con fogli di “Le Monde” del 9 maggio 1968 che riportano il “Viaggio di M. Pompidou in Afghanistan”, su cui l’artista ha scritto: “09.05. 68 THE DAYS OF THIS SOCIETY IS NUMBE(RED), i giorni di questa società sono contati.
Accanto gli fa eco Ed Rucha con un paesaggio devastato da un’alluvione e sempre in stampatello due parole, un avvertimento: “HUGE CONDITION”. Come a dire che le cose non vanno per niente bene, anche se il dipinto attrae per la sua estetica perfetta.
Molti ammirano l’Homme assis di Picasso da Nahmad, che presenta anche una Natura morta di de Chirico e alcune gallerie hanno già più di un bollino rosso a indicare il successo della vendita. Da Andrew Kreps c’è Julien Creuzet che rappresenterà la Francia alla Biennale di Venezia di Adriano Perosa.
Art+Paris al Grand Palais E?phe?me?re
Nemmeno il curatore, l’italiano Vincenzo de Bellis (ex enfant gaté dai tempi del suo spazio milanese BeepHole, ex direttore del Walker Art Center di Minneapolis e ora a capo di ArtBasel), è riuscito a gestire la situazione degli inviti alle previews: ma qui sono in tanti a volerci essere e se l’arte la fanno gli artisti, le opere le vendono i mercanti, che a Parigi vantano una tradizione. E hanno invitato i collezionisti, accompagnati dai loro art advisor.
Chi, turbato dalla terza guerra mondiale a pezzi, cercasse nell’edizione francese di Art Basel se non un antidoto almeno una chiave di lettura alla contemporaneità, non la troverebbe. Quel che accade a Parigi ricorda il periodo dopo la Grande Guerra, quando l’arte francese ed europea risposero con il ritorno all’ordine, tornando all’arte figurativa, alla classicità, a uno stile rassicurante e sicuro.
Anche oggi l’arte qui sembra esprimere uno spirito anti-modernista; ma è un po’ il ritorno del sempre uguale. Come guardare il mondo attraverso un cannocchiale rovesciato. Così i mecenati e collezionisti più importanti coincidono coi brand del lusso e si sono presi case d’aste e fondazioni. Spostano capitali perché in tempi di crisi e di incertezze anche i capolavori diventano beni d’investimento.
Fondation Louis Vuitton mark rothko
Bernard Arnault, Fondation Louis Vuitton, Patrick Drahi, Sotheby’s e François Pinault Christie’s, Punta della Dogana e di Palazzo Grassi che un tempo fu della famiglia Agnelli hanno riportato a Parigi il fulcro del collezionismo e del mercato e sono riusciti a spostare l’asse degli affari e degli interessi culturali.
Le maison del lusso dialogano con l’arte da tempo: Elsa Schiapparelli era amica dei surrealisti, se ne lasciava ispirare ed era a modo suo un’artista. Invece ora l’impressione è che persino la creatività degli artisti da Yakoi Kusama a Paola Pivi sia finalizzata al brand – vedi la vetrina di borse Louis Vuitton in fiera.
L’arte guarda al passato. Lo confermerebbero le vendite in fiera e i risultati di Christie’s e Sotheby’s – che hanno venduto rispettivamente per 20.7 milioni di euro il capolavoro di Mirò, Peinture (Femme, lune, étoiles) a lungo appeso alle pareti de La Colombe d’Or, la locanda dei pittori a Saint Paul de Vence; e il Magritte che ha superato di poco la base ma è stato comunque acquistato per 11.177 milioni di euro.
Alcune novità interessanti vengono dalle mostre: Sophie Calle, l’unica ad essersi presa (e a reggere il dialogo con Picasso) in un racconto privato e collettivo. E ancora una donna, Gertrude Stein, scrittrice orgogliosamente americana a Parigi ai tempi in cui nasce il cubismo. “Faccio con le parole quel che Picasso fa con la pittura”, scrive, e già riconosce in una società che corre incontro a rivoluzioni di ogni tipo il queerness che è in ognuno di noi, uomo o donna.
In questo cambio di paradigma volto al parallelo con il passato, l’Italia da sempre amica e nemica della Francia è una presenza forte. Forse anche per questo si celebrano due grandi vecchi della tradizione del contemporaneo, Daniel Buren e Michelangelo Pistoletto che al Palais d’Iléna con le loro installazioni aprono la riflessione sul futuro dell’Europa e della cultura mediterranea.
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