DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
robert capa picasso con il figlio
Marco De Martino per ''Vanity Fair''
Abita vicino a Central Park, ma invece che New York potrebbe essere la sua Parigi. Mi accoglie in un piccolo ingresso che si apre su un salone illuminato da vetrate che vanno fino al soffitto altissimo, e dappertutto i quadri che lei dipinge alternando la mano destra e la sinistra.
A 94 anni Françoise Gilot si muove veloce nelle stanze che mi fa visitare: è minuta e diritta proprio come la donna fiore in cui Picasso la trasformò in uno dei primi delle centinaia di ritratti che le fece nei dieci anni in cui stettero assieme. In realtà lui cominciò a dipingerla solo dopo averla presentata a Matisse che, per provocare il collega, disse subito che avrebbe voluto lui farle un ritratto.
«Erano molto amici, ma anche rivali: Pablo cercava di incantare Matisse ma alla fine era Matisse che conquistava Pablo. Dopo quella visita lui era molto irritato, ma io gli dissi che in quella proposta non ci vedevo niente di male. Anche perché ho sempre amato i quadri di Matisse più dei suoi».
robert capa picasso con il figlio
Françoise Gilot è la madre di Claude – che vedete nella foto sopra – e di Paloma, due dei quattro figli che Picasso ebbe da tre donne diverse. Quando nel 1953 se ne andò via assieme a loro, unica dei grandi amori del pittore a lasciarlo, lui la minacciò: «Se pensi che la gente avrà interesse per te, ti sbagli di grosso: nessuno si curerà di te in quanto tale, saranno solo curiosi della persona che ha condiviso la mia vita».
A sbagliarsi di grosso era lui, e non solo perché Françoise Gilot è una pittrice affermata. Dopo Picasso, e un’altra figlia da un altro uomo, è stata sposata per 25 anni con Jonas Salk, lo scopritore del vaccino contro la poliomielite.
Ma quando le chiedo che effetto fa essere stata con due tra gli uomini più importanti del Ventesimo secolo, dice soltanto:
«Mi sono sempre sentita al loro livello, e ho sempre pensato che nella vita è meglio accompagnarsi ai grandi che ai mediocri, che spesso hanno gli stessi problemi ma sono meno interessanti».
Quando conobbe Picasso, lei aveva 21 anni e lui 61, ma per capire chi avesse veramente il potere nella coppia, secondo me basta guardare la foto di Robert Capa sulla copertina della ''Mia vita con Picasso'', libro di cui all’epoca il pittore cercò in tutti i modi di bloccare l’uscita. Françoise Gilot e Pablo Picasso sono su una spiaggia del Sud della Francia, e lui la segue proteggendola dal sole con un ombrellone.
«In realtà Robert Capa era un amico da prima che conoscessi Pablo, e quella scena fu un’idea sua. Sa come succede con i bravi fotografi, si gioca».
Quindi non rappresenta la vostra storia?
«Se vuole vederla così, non sarò io a contraddirla».
Quarant’anni di differenza non sono certo pochi...
«Picasso era il più grande artista vivente, ma in realtà all’inizio fu lui a essere sorpreso dalla mia sicurezza. Studiavo Giurisprudenza e la natura mi aveva dato un po’ di bellezza, cosa di cui non si può essere orgogliose ma che aiuta ad accentuare le altre qualità, o almeno così si dice nel caso delle donne. Non ero certo l’ingenua della situazione ».
Che cosa la colpì di lui?
«Ero un’artista, quindi sapevo tutto di Pablo, ma mi impressionò soprattutto il suo coraggio: l’arte moderna era bandita dai nazisti che occupavano Parigi, eppure lui aveva scelto di rimanere in città. Per di più io ero stata appena arrestata con altri studenti dopo avere messo dei fiori sulla tomba di un soldato francese: ammiravo tutti quelli che facevano resistenza, anche passiva».
Sapeva anche quanto amava le donne.
«Certo, era risaputo che non ci si poteva fidare. La sera che ci incontrammo io ero con un’amica e lui al tavolo con la sua amante Dora Maar, ma comunque prese un cestello di ciliegie e ce le portò. Quando cominciai a frequentarlo, un’amica mi disse che stavo andando incontro a sicura sventura. Le risposi: lo so, ma è una catastrofe che non voglio evitare».
Come cominciò?
«Andavo a trovarlo nel suo studio al 7 di Rue des Grands-Augustins, e si stabilì subito un rapporto basato sull’amore dell’arte: analizzavamo Manet e Cézanne. All’inizio io ero ambivalente, ma a un certo punto non potemmo ignorare la passione, che si mescolava al desiderio di creare qualcosa di nuovo in campo artistico».
In quello studio transitavano Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, Hemingway e Cocteau: che cosa ricorda?
«Picasso aveva bisogno della gente: ne traeva il nutrimento per creare. Allo stesso tempo voleva il suo spazio. Aveva risolto il problema ricevendo dalle undici e mezzo all’una e trenta. Ma non tutti erano trattati allo stesso modo. Il suo segretario divideva gli amici a seconda della vicinanza nelle due stanze al primo piano, e solo pochi erano ammessi nello studio dove lui dipingeva, al piano di sopra».
picasso francoise gilot by robert capa
Di che cosa si parlava?
«Lui sperimentava con le persone come uno scienziato con le molecole, e passava il tempo a fare domande: analitico la mattina, creativo la sera, quando dipingeva».
Era facile per lei continuare il suo lavoro di pittrice vivendo con lui?
«Diciamo che mi feci piccola. Siccome lui era il pittore più famoso del mondo e io solo una ventenne, invece di dipingere continuai il mio lavoro disegnando su carta».
Non una vita facile.
«Scherzando, ogni tanto dico che ero come la settima moglie di Enrico VIII: sapevo che cosa era successo alle altre e quindi dovevo stare attenta. Sbagliano le donne che contano solo sulla propria bellezza: bisogna evolversi, sempre, in modo silenzioso se necessario. Quindi continuai a crescere, ma senza imporre il mio mondo e il mio peso. D’altra parte, il peso è un problema costante delle donne: se sono magre devono lottare per rimanerlo, se non lo sono devono perdere chili».
francoise gilot con picasso fotografati da robert capa
Quando cambiarono le cose?
«Dopo quattro anni che stavamo assieme un gallerista si interessò al mio lavoro, e ripresi immediatamente a dipingere su tela. E poi nel 1952 feci la mia prima mostra. Picasso la prese bene solo in apparenza, in realtà emotivamente ne fu sconvolto e fu l’inizio della fine. Ma a quel punto avevo accumulato abbastanza potere per sopravvivere al di fuori del suo sistema».
Era così impossibile stare con lui?
«Non puoi avere tutto nella vita: se vuoi qualcosa devi ignorare il resto, e se vivi con un leone non puoi essere un topino. Le sue donne erano ancora presenti, di tanto in tanto. Ed era anche molto superstizioso, ma solo quando gli faceva comodo. Il problema fondamentale però erano i figli, perché lui non voleva che avessero un’educazione normale: da piccolo a scuola era stato un disastro, e le cose gli erano andate bene, quindi applicava il suo modello agli altri. Tutto ruotava attorno a lui e, alla fine, tra lui e i figli ho scelto loro».
Ogni tanto le manca?
«Mai! Con Paloma e Claude cerco di ricordare le cose belle di loro padre, ma a un certo punto il mio amore per lui finì. Non lo reggevano neppure più i suoi cari amici. Non era più un artista ma una celebrity di Hollywood: il suo ego si era gonfiato al punto che non considerava gli altri. Era sempre intelligentissimo ma pieno d’odio, e usava le sue qualità per fare del male agli altri. Matisse non era così: lui usava l’arte per mostrare il lato più piacevole della vita, non era solo un grande artista ma anche un grande essere umano».
Come furono le sue relazioni successive?
«Fui sposata per sette anni con un giovane pittore della mia età, e nacque una figlia, ma non andò bene e quindi mi convinsi di non essere fatta per il matrimonio. Per questo, quando Jonas Salk mi disse che voleva sposarmi, gli risposi che per me era un’assurdità. Ma poi mi diede un pezzo di carta e mi chiese di scrivere perché era così impossibile sposarsi.
Quando scrissi che per metà dell’anno volevo stare per i fatti miei a fare quello che mi interessava, lui a sorpresa mi disse che avevo ragione, che è insopportabile passare tutto il tempo assieme. Quindi, stando lontani per lunghi periodi, siamo stati assieme 25 anni, fino alla sua morte. E ci siamo sentiti liberi».
francoise gilot con picasso fotografati da robert capa
Che cosa direbbe alle donne che si innamorano di uomini molto più giovani di loro?
«Che non so quanto si divertiranno. Ma non per la differenza d’età: quella non conta nulla. È che gli uomini e le donne sono molto diversi, e anche se fanno uno sforzo per stare assieme non si capiscono mai veramente. E poi c’è il tempo che ti cambia, ma meno di quello che pensi. Insomma, a queste donne direi che è più complicato di quanto sembri».
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