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Francesco P. Giordano per “Libero quotidiano”
Per capire dove risiedono la forza e il coraggio di Mohamed Salah, basta leggere sulla sua maglietta. Sotto il suo nome, c’è un numero: 74. Quanti i morti degli scontri di Port Said, nel febbraio 2012: il giocatore della Fiorentina era ancora in Egitto, nei tumultuosi mesi successivi alla destituzione di Mubarak. I tifosi locali dell’Al-Masry attaccarono con quelli dell’Al-Ahly, e fu un massacro. Salah giocava nell’Al-Mokawloon, ma si è appiccicato quel numero sulla schiena per ricordarsi, e ricordare, da dove viene.
Oggi che in viola sta meravigliando tutti, con sei gol in sette gare, qualcuno inizia a prendere sul serio il soprannome «Messi d’Egitto». Se lo chiami così, Salah si inorgoglisce, non tanto perché accostato alla Pulce, quanto perché è fiero di dare lustro al suo Paese. Durante la scorsa estate, quando giocava ancora nel Chelsea, l’Egitto lo chiamò per il servizio di leva, e ci volle una settimana prima che il calciatore venisse dispensato dal rientro in patria.
Allora Salah rimase scioccato perché non voleva interrompere la carriera, perché a suo dire quello era «il modo migliore per rappresentare al meglio il mio Paese». E poi c’è la fede. Non c’è gol festeggiato senza che Salah si inginocchi e ringrazi Allah. La sua fede islamica lo ha persino messo al centro di un caso diplomatico con Israele: nel 2013, quando era al Basilea, rifiutò di stringere la mano ai giocatori del Maccabi Tel Aviv, in occasione dei preliminari di Champions League.
All’andata, evitò il contatto con gli avversari con la scusa di cambiare gli scarpini, mentre al ritorno sfilò davanti a loro mostrando il pugno. Riscaldando la vigilia: «Spero di vincere questa partita, così impedirò alla bandiera sionista di sventolare in Champions League». Gesti e frasi che indispettirono la comunità ebraica, soprattutto quella di Roma, quando i giallorossi avevano in mano l’acquisto dell’egiziano a gennaio.
SALAH DA GIOCO DAL BLOG DI BOCCA SU REPUBBLICA
Sabatini aveva strappato al Chelsea un accordo da 500.000 euro per il prestito, ma poi l’affare sfumò perché, con la partenza di Destro, venne preferito un centravanti classico come Doumbia. Ma il campionato italiano era nel destino di Salah, che ha avuto un impatto devastante con la Serie A: segna ogni 72 minuti, nel passato recente mai uno straniero ha tenuto una media gol così alta al suo arrivo (vicini sono Milito con un gol ogni 74 minuti e Ronaldo con una rete ogni 90).
Del resto, per il 22enne egiziano la specialità è proprio quella di far colpo al primo appuntamento. Era solo diciannovenne quando partì con la sua Nazionale per il Mondiale Under 20, il primo palcoscenico di prestigio della sua carriera. Pronti, gol: un sigillo pesante contro l’Argentina. L’anno dopo, il Basilea invita l’Under 23 egiziana a disputare un’amichevole.
Salah entra nel secondo tempo e segna due reti, regalando il successo per 4-3 alla propria rappresentativa. Gli svizzeri restano a bocca aperta: così, prima che i calciatori egiziani facciano ritorno in patria, un dirigente del Basilea blocca Salah e lo invita a restare. «Allenati con noi per una settimana».
Ci vorranno pochi giorni per convincere l’allenatore Vogel a far firmare all’egiziano un contratto biennale. Nel frattempo, nell’estate del 2012, ci sono le Olimpiadi di Londra. L’Egitto non è tra le formazioni più in vista, eppure passa il girone prima di arrendersi al Giappone. Trascinatore della squadra è, manco a dirlo, Salah, con 3 reti in 3 partite. Segna alla Bielorussia, alla N. Zelanda e persino al Brasile dei vari Neymar, Pato, Oscar.
A Basilea si fregano le mani, consci di aver trovato un campione: in Svizzera, infatti, mette a segno 20 gol in una stagione e mezzo, vincendo un campionato. Quanto basta per convincere il Chelsea a metterlo sotto contratto: peccato che, complice l’agguerrita concorrenza e un gioco che non premia la sua velocità, disputi appena una ventina di partite. E così, anche se Mourinho ne aveva una grande stima, ora è la Fiorentina a goderselo. E a mettere il turbo insieme a lui.
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