A NAPOLI LE COSE NON VANNO BENITEZ - DOPO LA PARTENZA SPRINT, I PARTENOPEI HANNO FINITO LA BENZINA: PERSI GLI SCONTRI DIRETTI E PRESI 10 GOL IN QUATTRO PARTITE

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Alessandro Pasini per "Il Corriere della Sera"

Il carattere non fa punti, le occasioni non sono gol e l'unico fatturato che conta è quello dei risultati nei big match: il Napoli ne ha vinto uno in casa 2-1 con il Borussia Dortmund il 18 settembre, poi è precipitato nel limbo delle squadre normali.

L'1 ottobre a Londra ha perso con l'Arsenal 2-0, e la partita era chiusa già dopo 15'; il 18 ottobre ha perso 2-0 all'Olimpico con la Roma: gara equilibrata, forse da pareggio, comunque persa; il 10 novembre è crollato 3-0 a Torino con la Juventus andando sotto dopo nemmeno 2 minuti (e i 21 centimetri di fuorigioco di Llorente, rilevabili solo alla tv, non possono essere un argomento a propria difesa); martedì infine è stato abbattuto 3-1 dal Borussia Dortmund, passando in svantaggio all'alba e giocando sempre in salita: si è illuso sì due volte (quando Higuain ha avuto la palla dell'1-1 e Insigne ha segnato l'1-2) ma ha anche evitato il crollo solo grazie a un clamoroso Reina, sei volte decisivo.

Questi quattro k.o., con 10 gol presi e uno solo fatto, sono un dato inquietante e dicono che il Napoli non è ancora pronto per gli alti livelli del calcio europeo, e anche in serie A (dove sabato ha perso con il Parma) ha le sue belle difficoltà. Eppure, dopo la resa del Westfalenstadion Benitez si è detto soddisfatto e ha elogiato il carattere dei suoi. Un'aggravante. E un'ammissione implicita sui limiti strutturali della rosa, perché nessuna grande squadra al mondo esce soddisfatta dopo una sconfitta tanto pesante nei modi e nelle conseguenze.

Rafa poi si è appellato alle differenze di forza economica tra il Napoli e Borussia, Arsenal e Juve. Il famoso fatturato è un'argomentazione ormai di moda presso molti allenatori, ma è fuorviante: a parte che De Laurentiis in estate ha fatto un ricco mercato, nel calcio le sproporzioni finanziare sono una condizione naturale. Provare a ridurle è giusto, ma oltre un certo limite è impossibile. E invocarle come giustificazione non ha senso, sennò un giorno si arriverà a chiedere una redistribuzione dei punti in base a un coefficiente fondato sul fatturato.

In realtà, i problemi sono altri: diversi giocatori in difficoltà (Callejon, Insigne, Maggio, Hamsik, Inler, Higuain, in Germania ottimo assistman ma senza gol su azione da Milan-Napoli 1-2 del 22 settembre) e altri inadatti (Armero, Pandev, Dzemaili, i centrali a parte Albiol); una fase difensiva carente; troppa tenerezza nell'approccio, soprattutto in trasferta (Pandev, sempre tra i più friabili, riconosce: «Non siamo abbastanza cattivi»); una condizione atletica rivedibile (nel secondo tempo certi azzurri parevano studenti in Vespa che sfidano Marquez sulla Honda); una manovra monocorde e senza varianti.
Il 4-2-3-1 di Benitez è bellissimo se tutti stanno bene, altrimenti diventa un freno a mano. Su questo però lo spagnolo è irremovibile: «Meglio perdere così che difendendoci in undici», ha detto martedì notte. Idea nobile. Resta però il fatto che il problema di un centrocampo in inferiorità numerica è emerso anche con il Parma, guidato da un Cassano che il ritmo dei tedeschi se lo sogna.

A questo punto, viste le premesse, per restare in Champions e non finire nell'Europa League che De Laurentiis detesta più di un'assemblea di Lega sembra paradossalmente più facile sperare in un colpo del Marsiglia con il Borussia piuttosto che in un 3-0 al San Paolo con l'Arsenal. Ma siamo comunque nel campo dei sogni ed è un peccato. Anche se non ci sarebbe alcuna vergogna nell'uscire a testa alta in un girone con Arsenal e Borussia Dortmund, un po' di rimpianto rimarrebbe, soprattutto ricordando la magnifica vittoria di settembre al San Paolo sulla Banda dell'oro. Sembrava il primo mattone per costruire qualcosa di grande. Ora assomiglia solo a una breve illusione di fine estate.

 

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