DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Alessandro Fulloni per corriere.it
«Ho detto alla mia compagna e ai miei due bimbi di non venire più a vedermi giocare, è troppo pesante l’aria che tira sugli spalti». Lo dice Saidou Daffe Omar, 38 anni, senegalese di origine, cittadino italiano e parmense di adozione (qui in Emilia ci vive dal 2003) che sabato è stato vittima di un episodio di razzismo — «l’ennesimo», racconta sconsolato — proveniente dai campi di calcio delle serie minori.
La partita era quella tra Bagnolese e Agazzanese, squadre di Eccellenza. Per tre volte uno spettatore sui cinquant’anni scende dalla piccola tribuna per avvicinarsi alla recinzione nei pressi dalla porta della squadra ospite difesa da Saidou, che fa il portiere. E che ha — «dopo aver calpestato per 16 anni tanti campi, dalla Terza categoria alla Serie D» — un curriculum calcistico assai pesante: è un tecnico federale e in tuta azzurra — «di cui sono orgogliosissimo» — insegna calcio agli adolescenti iscritti al centro Figc di Parma. Per tre volte il tifoso — apparentemente scatenato da un normale fallo di gioco — insulta Saidou con queste parole, badando a farsi sentire da tutti: «Negro di m...».
Alla quarta il portiere lascia la porta — anzi il campo — e raggiunge gli spogliatoi. «Ero davvero stanco di essere insultato, non ne potevo più. Così me ne sono andato. Sono un tipo tranquillo, ho preferito non rispondergli» racconta adesso a Corriere.it. Saidou non se ne accorge, ma nell’uscire dal campo l’arbitro tira fuori il cartellino rosso e lo espelle. «Avrebbe potuto interrompere la partita, invece che cacciarmi: quelle offese sono state udite da tutti distintamente».
Ma la partita si interrompe lo stesso poco dopo. Quelli dell’Agazzanese, in solidarietà con Saidou, escono pure loro dal campo. E poco dopo — circostanza assai importante — i giocatori della Bagnolese entrano negli spogliatoi, stringono la mano al portiere rivale. «Si sono scusati per le parole di quello spettatore, loro che in fondo non c’entrano niente».
Poi, nelle ore successive, sono arrivate tante altre telefonate di solidarietà. Quanto al comportamento di questi calciatori «non mi ha sorpreso: conosco bene i ragazzi, con alcuni gioco insieme da anni, e so che sono persone fantastiche. Sono contento della loro vicinanza, perché mi hanno dimostrato quanto tengano a me. E sanno bene che io mi sarei comportato allo stesso modo se un episodio simile fosse successo a loro». Adesso toccherà al Giudice sportivo decidere sulle sorti della partita, se e chi squalificare, per quanto e perché. Ma a questo il portiere senegalese, pazzo per l’Inter, non pensa. Dice solo «che sugli spalti queste offese le ascolto spesso, sempre più spesso. Ho due bambini di 11 e 2 anni e ho detto alla ma compagna di non portarli più a vedermi giocare. È troppo il pericolo che assistano a brutte scene».
Poi aggiunge: «Da 15 anni quando una persona viene offesa si dice che sono due stupidi. Però ci sono sempre. Se iniziano in due ma gli altri 98 li cacciano dalle tribune allora vedrete che non succederà più niente». Saidou, e i ragazzi che alleni al Centro federale? «Tutti perbene, puliti , cuori sani e aperti. Con loro il razzismo non c’entra proprio niente».
(Saidou Daffe Omar è il presidente di un’associazione di volontariato che si chiama «Calcio dilettanti solidarietà» (qui trovate il link). Organizza eventi — soprattutto partite di calcio — per raccogliere fondi e materiale per il suo Senegal. Spicca la raccolta di scarpini, palloni e casacche, calzettoni e pantaloncini con cui far giocare i bambini. Il portiere presenta così, nel sito, il suo progetto: «I have a dream...
A 38 anni e con una carriera calcistica ricca di soddisfazioni, in un Paese, l’Italia, dove ho ricevuto tanto, mi piacerebbe riuscire a realizzare un sogno che ho nel cassetto da quando me ne andai dal Senegal 17 anni fa: raccontare ai bambini della mia terra la mia esperienza personale, magari cercando di restituire loro almeno un po’ di quello che ho ricevuto, sperando che un giorno, alcuni di questi bambini, possano avere le mie stesse soddisfazioni e possibilmente possano avverare i loro sogni»)
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