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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA…
Dal "Corriere della Sera"
La prima impressione del calcio di agosto è quasi in controtendenza con la crisi. L’Inter è andata bene in America, la Roma ha battuto il Real, il Napoli il Barcellona, la Lazio l’Amburgo, la Fiorentina ha vinto la sua piccola Coppa in Sudamerica. Formazioni avversarie spesso un po’ approssimative, ma questo succedeva anche le altre estati e non ci evitava di perdere.
Sta cambiando qualcosa, stiamo per caso risalendo? Non credo, ma sembra finita la discesa, ci stiamo assestando. Tutte le prime cinque in classifica hanno mantenuto la base della vecchia squadra cercando semmai di migliorarla. Tranne Conte, sono rimasti anche tutti i vecchi tecnici, molti dei quali lo scorso agosto erano al debutto (Mazzarri, Garcia, Benitez).
Aggiungerei una nota per Zeman, battuto male in casa due giorni fa dal Getafe. Non è agosto il suo tempo, ormai lo sappiamo benissimo. Agosto è per Zeman il tempo della fatica, i suoi giocatori non hanno adesso né velocità né agilità. Il Milan di Inzaghi prende sempre più l’aria di un esperimento.
Manca la linea di centrocampo (soprattutto Montolivo e De Jong). Questo porta adesso a prendere gol e a segnarne pochi. Ci sono ragazzi molto interessanti, ma ragazzi. Non tengono ancora il peso di essere il Milan. Agosto dunque è ancora leggerezza per tutti, non ci sono giudizi forti, ma tante piccole indicazioni che insieme portano altrettante piccole speranze.
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D’altra parte il calcio è fragile per natura, fatto da ragazzi abbastanza fuori dal mondo vero. Leggetevi il decalogo degli interisti appena uscito. L’Inter c’entra poco, è così dovunque. Sono i comandamenti ovvii di gente molto giovane che ha a che fare con un ambiente da finta arcadia, dove bisogna amare il datore di lavoro, giocare con il cuore e aiutarsi sempre uno con l’altro. Una realtà da figli dei fiori. Ma sono le maestranze di una multinazionale. Chi è cambiato di più è proprio il pubblico, la mentalità del tifoso.
È ormai passata l’obbedienza al conto economico, una comunione con la società che non è mai esistita prima. Si accettano le cessioni importanti, si comprendono i limiti economici, i tetti agli ingaggi. Appena poco tempo fa tutto questo sarebbe stato messo sul conto dell’avarizia dei presidenti. Si era grandi presidenti solo in proporzione ai soldi che si spendevano. Anche questo è un miglioramento. Adesso mancano solo una quindicina di grandi giocatori e si può ricominciare.
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