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IL ROSSI E IL GIALLO - L'EREDITÀ DI VALENTINO CHE HA LEGATO LA CARRIERA A UN COLORE SIMBOLO: IL GIALLO SOLARE ("MI FA SEMPRE PENSARE AL MEGLIO”). E AL 46, IL NUMERO SULLA MOTO DEL PADRE, NEL GIORNO DELLA PRIMA VITTORIA - IL 'GIALLO46' NON È VALENTINO ROSSI, È QUEL CHE LUI SI LASCIA DIETRO, È UN ENTUSIASMO IN UNA GRADAZIONE CHE LA PANTONE DOVREBBE OMOLOGARE NELLA SERIE DEI LUMINOSI, IL LEMON 13 E IL MIMOSA…
Giulia Zonca per "la Stampa"
Ora che lo si può registrare il colore giallo46 riprende tutta la sua intensità, l'accecante vitalità con cui è diventato imprescindibile. È una tinta piena e ricca, non ha sfumature: è laccata, è quel tipo di tonalità che lucida e copre, si prende tutto, si impone, è colore denso, spesso, lascia memoria. Lo guardi e ti cattura perché è caldo, mette il buon umore, poi magari è troppo: il giallo46 è una spremuta di eccesso, ma ci torni, di continuo, ogni volta che devi fare il pieno di energia.
Il giallo46 non è Valentino Rossi, è quel che lui si lascia dietro, quel che resta in circolo, è un entusiasmo brillante che non si spegne mai e se ne frega di abbinarsi a quel che c'è intorno. Di una prepotenza sgargiante, cromaticamente dominante in una gradazione che la Pantone dovrebbe omologare nella sua mazzetta, magari nella serie dei luminosi, tra il Lemon 13 e il Mimosa.
Rossi ha scelto il colore prima di diventare campione, subito e ha pure spiegato perché: «Tutti i vincitori hanno un simbolo», il suo è «giallo solare, mi fa sempre pensare al meglio», elevato alla quarantaseiesima, dal numero sulla moto del padre, nel giorno della prima vittoria. Così ha disegnato una carriera lunga 26 anni, con nove Mondiali, 115 vittorie, 235 podi, unico pilota a portarsi a casa il titolo in qualsiasi categoria: 125, 250, 500, MotoGp e sempre in giallo46, sempre con una curva a fare da specchio. Magliette, parrucche, numero abbinato ed è quasi complicati capire quando quel particolare punto di colore ci ha catturato la vista. È passato tanto tempo, era il 31 agosto 1997, il giorno in cui è morta Lady Diana, giusto per dare una scansione del tempo evidente.
Valentino, ancora solo il nome di un diciottenne cresciuto a talento ed esuberanza, si lega sulle spalle un gigantesco numero uno giallo. L'anno prima si era caricato allo stesso modo una bambola gonfiabile, una ipotetica Claudia Schiffer, chioma biondissima ma tutt' altra nuance. Il voluminoso primo posto è già giallo46 e fa il giro del mondo. Le trovate saranno sempre diverse, da Biancaneve e i 7 nani, alla scritta «Scusate il ritardo», il colore resterà lo stesso, ogni volta più evidente, martellante, definitivo. Non è il giallo fumetto della tuta indossata da Uma Thurman in «Kill Bill» e neanche il giallo con punte di senape delle giacche di Angela Merkel, anche se in termini di resistenza i due hanno qualcosa in comune. No, questo giallo è unico, vibra di velocità e resta compatto, non si lascia infiltrare dai verdi che lo rendono acido o dalle venature marroni che lo farebbero maturare verso l'arancio.
Il giallo46 è immutabile, è un pezzo di infanzia che ti rimane fisso in testa e per questo, pur continuando a vederlo girare, non lo riconoscevamo più. Valentino era troppo vecchio per portare il suo stesso colore eppure quel marchio, quel modo di essere, di superare, di tagliare il traguardo, di baciare la moto, di infilarsi le dita nelle orecchie come fanno tanti altri colleghi e come fa solo lui, quando esclude il mondo, non si è mai spento. Luce fatta per resistere persino a 12 anni dall'ultimo trionfo, ottobre 2009, l'anno esaltante che ha legato Rossi a Federica Pellegrini, in quell'estate doppio oro mondiale con doppio record.
I due fuoriclasse hanno diverse date che si incrociano e salutano entrambi in questo 2021 che ci restituisce il giallo46. Adesso il giallo libera la sua potenza: lo si è visto ieri per saluti che erano emozioni, ma soprattutto eredità. Abbiamo ascoltato la cerimonia di addio dopo l'annuncio, abbiamo visto l'ultimo Gran Premio in Italia, questo è un ritiro preparato: non un tuffo al cuore, piuttosto un volo tra la folla. Finalmente. Dopo tanti anni passati a cercare di non farsi travolgere, di non lasciarsi giudicare, spolpare e poi, proprio sul finale, lo «stage diving, come Jim Morrison a Los Angeles nel 1968».
ULTIMA GARA DI VALENTINO ROSSI
Valentino nasce 11 anni dopo, ma quella è la libertà mito che ha rincorso, l'eco degli Anni Sessanta e Settanta vissuti e respirati dai genitori che lui non ha mai perso di vista. Che ha costantemente tenuto come punto di riferimento.
Il giallo46 arriva anche da lì, non solo dall'omaggio a papà, proprio dal gusto e dall'idea di un'indipendenza ormai fuori moda. Ma il suo colore non è tendenza, è depositato, come il Rosso Valentino (l'altro), come il blu Klein. Il giallo46 è un concentrato di strafottente e solidissima euforia.
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