COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
SARRI-JUVE: CRONACA DI UN AMORE MAI NATO
ANDREA AGNELLI
Da “la Stampa”
Nonostante i luoghi comuni, Maurizio Sarri non è un tattico integralista: ha sempre adattato il modulo alle caratteristiche delle sue squadre. Il 4-3-1-2 era marchio dell' Empoli rivelazione, il 4-3-3 ha radici nel Napoli che mancava d' un trequartista e provò inutilmente a riconvertire Insigne.
Le parole di domenica, tuttavia, non sono un manifesto di duttilità: ammettere che la Juventus non avrà mai la sua «organizzazione collettiva» non è solo un omaggio alla qualità dei campioni, ma, se non una resa, l' ammissione della difficoltà di seminare l' Idea in un gruppo di «individualisti fortissimi». Lecito chiedersi se il progetto non sia già in frantumi, con serenità perché i risultati sorridono e in casa bianconera, per tradizione, comandano.
La squadra si è isolata di nuovo in vetta al campionato, ha guadagnato gli ottavi di Champions in carrozza, ha allungato le mani sulla finale di Coppa Italia, ma Sarri era stato chiamato perché tutto ciò avvenisse attraverso lo spettacolo. Nessuno l' ha proclamato, ma era insito in un ribaltone clamoroso: cos' altro si poteva rimproverare a Massimiliano Allegri se non l' appartenenza ai pratici "risultatisti" opposti agli esteti della panchina?
LA CENA TRA ANDREA AGNELLI E MAURIZIO SARRI
Sarri custodisce le ambizioni, però tradisce le promesse sul gioco: c' era bisogno di pagare due tecnici per vincere comunque tra lampi di classe o di cinismo? Paradossalmente, la manovra è addirittura meno brillante e il popolo, prima di lasciarsi abbagliare dalla punizione magica di Dybala, domenica ha borbottato e fischiato vedendo i bianconeri cincischiare contro un Brescia assai più piccolo, per giunta incerottato e sfortunato.
E anche del presidente Andrea Agnelli, a un certo punto, le telecamere hanno colto un' espressione tutt' altro che radiosa: magari casuale, magari dettata da chissà quale pensiero estraneo al calcio, magari fallace, ma non è certo assurdo immaginarlo dubbioso e sconcertato, intento a chiedersi il perché di una rivoluzione che non ha voluto: l' ha solo sottoscritta, da capo illuminato, quando la sfiducia insinuata da qualche suo stretto manager aveva infine incrinato il rapporto tra questi e il vecchio allenatore.
Obiezione: le somme si tirano alla fine. Respinta perché nessuno discute la forza della Juve né sminuisce le aspettative: ci chiediamo, semplicemente, che bisogno c' era di cambiare tutto perché nulla cambiasse. O peggiorasse addirittura.
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