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ABBIAMO REGALATO IL FUTURO ALLA CINA: È TROPPO TARDI PER RIPENSARCI – XI JINPING CONTROLLA IL 90% DELLA CAPACITÀ GLOBALE DI RAFFINAZIONE DELLE TERRE RARE, UN PROCESSO AD ALTISSIMO INQUINAMENTO CHE L’OCCIDENTE AMBIENTALISTA NON PUÒ FAR INGOIARE ALLA SUA OPINIONE PUBBLICA – COSÌ, IL BLOCCO DECISO IERI DA PECHINO DELL’EXPORT DI SETTE DEI DICIASSETTE ELEMENTI CRUCIALI PER L’INDUSTRIA TECH E DELLA DIFESA, RISCHIA DI INCEPPARE IL MONDO. SE LO STOP PROSEGUIRÀ, NEL GIRO DI DUE O TRE MESI LE INDUSTRIE AMERICANE AVRANNO GUAI SERI (NON CI SONO ALTERNATIVE)
1. IL GRANDE DUELLO DELLE «TERRE RARE»
Estratto dell’articolo di Paolo Ottolina per il “Corriere della Sera”
MEME SU XI JINPING E DONALD TRUMP
Non sono terre (sono in verità metalli) e non sono neppure così rare. Ma sono comunque fondamentali in decine di settori industriali, spesso a elevato tasso di innovazione. La decisione della Cina, annunciata il 4 aprile e ora operativa, di imporre restrizioni all’esportazione delle terre rare rischia di provocare un altro choc nelle catene di approvvigionamento globali.
Pechino richiede licenze speciali per l’export di sette terre rare pesanti, una sottofamiglia che comprende quelle con numero atomico più alto. Si tratta di samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio. Il rilascio dei lasciapassare va a rilento e il risultato, di fatto, è il blocco delle spedizioni.
La dipendenza dell’Occidente da questi minerali viene esposta in maniera brutale. […] A essere impattati sono settori chiave come l’automotive, l’industria della difesa e le tecnologie per la transizione green.
Quanto possono resistere senza questi metalli? «Le terre rare sono usate in tantissimi ambiti: elettronica di consumo, fibre ottiche, laser, sensori, display, catalizzatori, magneti permanenti, superconduttori, componenti di veicoli ibridi. Ne rimane fuori poco del mondo tecnologico di oggi.
Per questo un blocco totale delle esportazioni sarebbe un’arma nucleare dal punto di vista economico, un’arma di ultima istanza» dice Giuliano Noci, professore ordinario al Politecnico di Milano e prorettore del Polo territoriale cinese dal 2011.
Le terre rare sono il vero cuore invisibile della tecnologia moderna e la loro lavorazione è particolarmente complessa. «La loro estrazione è estremamente inquinante: per ogni tonnellata di terre rare si producono circa 2.000 tonnellate di scorie tossiche», spiega Noci.
Questo è uno dei segreti dietro al dominio cinese nel settore, frutto di decenni di politica industriale strategica, di investimenti mirati e di vantaggi competitivi legati alla volontà di sopportare i pesanti costi ambientali.
[…] Le cifre del 2024 sono eloquenti: la Cina controlla circa il 70% dell’estrazione mineraria globale (con una produzione stimata di 270.000 tonnellate su un totale mondiale di 390.000). Gli Stati Uniti, secondi produttori, estraggono 45.000 tonnellate, seguiti da Australia e Birmania. Ma il vero collo di bottiglia, e fonte del potere cinese, è la fase di lavorazione e raffinazione.
Pechino controlla quasi il 90% della capacità globale.
I PAESI PIU RICCHI DI TERRE RARE
Questo dominio è praticamente totale (99,9%) per le terre rare pesanti, come disprosio e terbio: anche i minerali estratti altrove vengono spesso spediti in Cina per la raffinazione finale. Lo stop all’export si concentra come detto proprio su quelle pesanti, utilizzate nei cosiddetti magneti permanenti.
[…] «Le terre rare hanno proprietà magnetiche uniche e imbattibili — spiega Nicola Armaroli, chimico e dirigente di ricerca presso il Cnr —. Non è possibile sostituirle facilmente, ad esempio, nell’automotive, dove sono impiegate nei veicoli elettrici che utilizzano motori a magneti permanenti, che non sono tutti ma circa il 70-80% del totale».
riciclo terre rare dai rifiuti elettronici
Altri settori a rischio? «Tutti quelli più avanzati e a maggior valore aggiunto: tecnologie pulite come turbine eoliche, ma anche aerospazio e difesa per sistemi radar, sonar e missili guidati — spiega Giuliano Noci —. Noi siamo totalmente dipendenti dalla Cina perché mentre l’Occidente cercava petrolio, loro 20 anni fa stringevano accordi per i giacimenti di terre rare. Hanno visto più lontano».
[…] Quanto possono reggere gli Stati Uniti e la stessa Europa se messe di fronte a un embargo pressoché totale? Difficile valutare, anche per gli addetti ai lavori, il totale delle scorte occidentali, perché molte aziende non le dichiarano. Diverse imprese americane ed europee, per ottimizzare i costi, comunque operano con magazzini minimi.
[…]
CAPPELLO MAKE AMERICA GREAT AGAIN MADE IN CHINA
Il Vecchio Continente sconta decisioni del passato. «Storicamente le terre rare sono state scoperte in Europa — aggiunge Armaroli —. In Scandinavia in particolare, basti pensare a nomi come scandio o terbio, itterbio, ittrio ed erbio, tutti legati alla miniera di Ytterby in Svezia. Tutti separati in Europa perché la chimica si faceva qui.
Poi, cent’anni fa, abbiamo deciso che l’estrazione mineraria andava fatta altrove, nelle colonie». In Scandinavia e anche in Serbia esistono riserve già individuate, ma trasformarle in miniere attive è un processo lungo, decennale, e richiede ripensamenti dolorosi.
«Per l’Occidente sarà una dura presa di realtà: se vogliamo questo livello di progresso tecnologico, dobbiamo accettare di inquinare anche noi per produrre queste materie» chiosa Giuliano Noci. E il riciclo? Anche qui Armaroli ci riporta coi piedi per terra: «È molto difficile recuperare i pochi milligrammi di terre rare usati nei dispositivi elettronici, a differenza, ad esempio, dei chilogrammi di litio in una batteria. Avviare una filiera di riciclo è complesso, richiede grandi investimenti e tempi lunghi».
VIGNETTA DONALD TRUMP XI JINPING
2. XI BLOCCA L’EXPORT DI TERRE RARE TREMA L’HI-TECH AMERICANO
Estratto dell’articolo di Filippo Santelli per "la Repubblica"
https://www.repubblica.it/economia/2025/04/15/news/cina_terre_rare_nvidia_supercomputer-424128070/
Dazi e controdazi a tre cifre si sono presi l’attenzione. Ma nel pacchetto di ritorsioni contro le tariffe di Trump, varato lo scorso 4 aprile, la Cina ha inserito anche un’altra arma molto potente: i limiti alle esportazioni di terre rare, 17 elementi chimici fondamentali per produrre i magneti utilizzati da varie industrie strategiche, dall’elettronica ai chip, dalle auto elettriche agli apparati medici, dai laser ai missili o agli aerei da guerra.
La Cina ne controlla il 60% dell’estrazione, ma soprattutto il 90% della raffinazione, e ieri il New York Times ha raccontato che queste nuove restrizioni, in teoria parziali, al momento stanno bloccando quasi tutte le esportazioni dai porti della Repubblica Popolare. Se il blocco proseguirà, nel giro di due o tre mesi per le industrie americane saranno guai, viste le limitate alternative a disposizione.
[…] Le limitazioni varate da Pechino riguardano sette di questi 17 elementi. scatta proprio nel giorno in cui Nvidia, campione americano dei chip – che si nutrono anche di terre rare – formalizza l’impegno a realizzare per la prima volta i suoi formidabili processori per l’Intelligenza artificiale negli Stati Uniti.
Del progetto non è noto il valore, ma coinvolge lo storico partner per la produzione, il colosso taiwanese Tsmc, che sta investendo miliardi per costruire nuovi stabilimenti negli States, e gli assemblatori Foxconn (cinese) e Wistron (taiwanese). La produzione di massa del suo nuovo chip Blackwell, ha detto Nvidia, dovrebbe iniziare tra 12-15 mesi.
Musica per le orecchie di Trump, che se ne prenderà il merito e lo attribuirà ai dazi. Peccato che a rendere possibile gli investimenti di Tsmc in Arizona siano stati i generosi sussidi garantiti dal predecessore Biden con il suo Chips act, piano che Trump ha detto di voler smontare in un ulteriore atto di autolesionismo strategico. Però non sarà certo Nvidia a smentirlo.
Anzi, l’annuncio di ieri della società è parte di un ben calibrato corteggiamento per influenzare le scelte del presidente su un altro dossier chiave legato alla Cina.
L’amministrazione deve infatti decidere se rafforzare ancora i limiti all’esportazione di chip verso il grande rivale, introdotti da Biden per ostacolarne la corsa al primato dell’IA.
Secondo molti analisti è urgente, specie dopo l’ exploit di Deep-Seek. La decisione pareva pronta, ma sarebbe stata messa in pausa dopo che il patron di Nvidia, Jensen Huang, che non vuole perdere quel che resta del ricchissimo mercato cinese, ha partecipato a una delle famose cene di Trump a Mar-a-Lago, biglietto di ingresso un milione di dollari. Pechino e i suoi campioni tecnologici ringraziano.
germanio 3
LA MAPPA DELLE RISORSE MINERARIE IN UCRAINA
xi jinping donald trump
UNIONE EUROPEA E CINA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
RISORSE MINERARIE E TERRE RARE DELL' UNIONE EUROPEA
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