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"DELFIN” CURIOSO – DA DOVE ARRIVA LA NOTIZIA CHE LA HOLDING DEI DEL VECCHIO POTREBBERO LIQUIDARE IL…
1 - GLI AVVERSARI PIÙ DURI SONO I TEDESCHI TEMONO IL MONOPOLIO
Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”
Quando si muovono i pesi massimi, difficile far finta di niente. E quando Mathias Doepfner, il numero uno del più grande gruppo editoriale in Europa, Axel Springer, vergò ad aprile una lettera alla Frankfurter Allgemeine Zeitung sostenendo che «abbiamo paura di Google», a qualcuno devono essere tremati i polsi.
Non solo in California: anche a Bruxelles. «Devo dirlo con grande chiarezza e sincerità - scrisse l’ad del colosso editoriale di Berlino che pubblica, tra gli altri, il tabloid Bild - perché nessuno dei miei colleghi ha il coraggio di farlo pubblicamente. Ed essendo i più grandi tra i piccoli, dobbiamo forse imparare a parlare con chiarezza, in questo dibattito».
Nella lettera, Doepfner accusò Google di voler istituire un monopolio e uno Stato sovrannazionale, di favorire le proprie aziende, di essere poco trasparente. Soprattutto, puntò il dito contro la Commissione europea, rea di «non essere all’altezza del compito», di non aver agito con forza sufficiente per proteggere ad esempio gli editori. Quelli tedeschi sono in primo piano da tempo per rivendicare anche il fatto che il motore di ricerca paghi per gli articoli che appaiono nelle sue ricerche.
Poco prima, a febbraio, il commissario uscente all’Antitrust, Joaquin Almunia, aveva accettato la terza proposta di Google di garantire la stessa posizione a tutti nelle ricerche, con la possibilità di favorire chi avrebbe pagato di più. Per le aziende europee che stanno muovendo contro il colosso di Cupertino, una soluzione inaccettabile. Soprattutto su pressione della Germania e della Francia, Almunia ha riaperto la procedura, poi ceduta alla sua erede, Margarethe Vestager, che dovrà prendere una decisione in merito. Su cui peserà, ovviamente, il voto di ieri del Parlamento europeo.
Anche il governo tedesco ha aumentato le pressioni, ultimamente. A metà novembre il vicecancelliere e ministro dell’Economia Sigmar Gabriel (Spd) e altri tre colleghi hanno scritto una lettera a Bruxelles chiedendo che «venga analizzato in che modo per i motori di ricerca si possa introdurre una regolamentazione che vada al di là del divieto di cartello».
Uno dei due promotori della risoluzione approvata è proprio un tedesco e sul suo profilo non sono mancate le polemiche. Il collegio elettorale dell’europarlamentare Andreas Schwab (Cdu) è infatti Offenburg, dove è situato il quartier generale dell’altro grande gruppo editoriale con sede in Germania che sta muovendo da tempo, insieme ad Axel Springer, contro Google: Burda. Tra l’altro Schwab lavora per lo studio legale CMS Hasche Sigle, lo stesso di Ole Jani, il padre tedesco del “Leistungsschutzgesetz”, la legge che punta a proteggere gli editori chiedendo ai motori di ricerca di pagare per gli articoli pubblicati.
Sulla richiesta del Parlamento europeo - non vincolante - di spezzare Google, Schwab ha ammesso già giorni fa che «non è ancora chiaro come potrà essere eseguita». La palla ora passa alla Commissione europea. E la Vestager ha già detto che si prenderà tutto il tempo necessario per decidere.
2. STRASBURGO VUOLE SPACCARE GOOGLE
Ivo Caizzi per il “Corriere della Sera”
L’Europarlamento chiede di ridimensionare la posizione dominante del colosso Usa della rete informatica Google imponendogli di separare il motore di ricerca dagli altri servizi commerciali. Una risoluzione, orientata a favorire maggiore concorrenza nel mercato digitale europeo, si è espressa in questo senso ed è stata approvata a Strasburgo a larga maggioranza (384 voti favorevoli, 174 contrari e 56 astensioni).
Aumenta così la pressione sulla Commissione europea, che tramite il suo settore Antitrust ha in corso da quattro anni una indagine proprio sulla posizione dominante di Google, accusata di utilizzare lo spazio quasi monopolistico acquisito con il suo motore di ricerca per privilegiare alcuni servizi commerciali rispetto a quelli di concorrenti.
Gli eurodeputati hanno evidenziato che il mercato digitale dell’Ue potrebbe sviluppare altri 260 miliardi di euro all’anno, se si ripristinasse un maggiore livello di concorrenza su varie attività del settore. Per questo viene invitata la Commissione europea «a impedire qualsiasi abuso nella commercializzazione di servizi interconnessi da parte dei gestori dei motori di ricerca, prendendo in considerazione proposte volte a separare i motori di ricerca da altri servizi commerciali». Per garantire la neutralità della rete viene chiesto che il traffico su internet sia «trattato nello stesso modo, senza discriminazioni, restrizioni e interferenze».
Nella telefonia mobile tra Paesi membri si esorta a «porre concretamente fine alle tariffe di roaming», mantenendo l’impegno già preso dalla Commissione europea, che una influente lobby di operatori del settore sta tentando di rallentare accentuando le divisioni tra i governi su come procedere nel business delle telecomunicazioni.
L’intervento dell’Europarlamento sulla posizione dominante di Google ha valore politico e non è formalmente vincolante. Ma i più ampi poteri co-decisionali assunti dagli eurodeputati in molti settori hanno generato una notevole capacità di indirizzo soprattutto negli argomenti di maggiore interesse dei cittadini e dei consumatori. «Noi vogliamo lanciare un segnale forte alla Commissione europea, ma anche a delle imprese americane come Google e alla fine ai cittadini», ha detto l’eurodeputato socialista belga Marc Tarabella.
I vertici di Google non hanno gradito l’esito del voto a Strasburgo sulla proposta di divisione tra il motore di ricerca e gli altri servizi. A caldo, dalla sede a Bruxelles del colosso Usa dell’informatica, non sono arrivati commenti ufficiali. Le autorità Usa hanno già manifestato l’intenzione di difendere Google, considerato un veicolo strategico anche per le attività informative di Washington.
La Commissione europea ha finora considerato insufficienti le concessioni proposte dai vertici del leader mondiale dei motori di ricerca per chiudere amichevolmente il procedimento Ue durante la gestione del commissario spagnolo Joaquin Almunia. Il suo successore a Bruxelles, la danese Margrethe Vestager, ha chiesto tempo per esaminare il dossier.
Inoltre Germania e Francia hanno sollecitato la Commissione a riesaminare le regole di concorrenza per le multinazionali del digitale, verificando anche la tassazione bassissima ottenuta da questi colossi domiciliando loro società nei paradisi fiscali. I governi di Parigi e Berlino hanno chiesto al commissario responsabile dell’Economia digitale, il tedesco Günther Oettinger, di avviare una specifica consultazione «per controllare i comportamenti» dei vari Google, Apple, Amazon.
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