1. LA7, CHE PUZZA DI INCIUCIONE! NON SI CAPISCE PERCHÉ LO SCARPARO DELLA VALLE ABBIA ASPETTATO L’ULTIMO MOMENTO PER ANTICIPARE LE LINEE DI UN’OFFERTA CHE AVREBBE APERTO ORIZZONTI MENO PRECARI DAL PUNTO DI VISTA DELLE RISORSE A DISPOSIZIONE 2. TARAK BEN AMMAR PENSA CHE SIA STATA MESSA IN PIEDI UNA SCENEGGIATA-INCIUCIO DI CUI SI POTRÀ VEDERE L’ATTO FINALE SOLTANTO TRA QUALCHE MESE: “ADESSO “LA7” AVRÀ UN EDITORE. SE DELLA VALLE VUOLE, SI METTERÀ D’ACCORDO CON CAIRO” 3. ANCHE IL “CORRIERE DELLA SERA” SCRIVE OGGI: “NON È DA ESCLUDERE CHE UN QUALCHE ACCORDO POSSA EMERGERE COME SECONDO STEP TRA CAIRO E IL PATRON DELLA TOD’S” 4. NON È DA ESCLUDERE CHE DOPO LE ELEZIONI IL PALLINO RITORNI NELLE MANI DEL RICCO SCARPARO. PER RIPORTARE A GALLA LA7, SERVONO QUATTRINI FRESCHI E TANTI. DIEGUITO LO FAREBBE NON PER QUELL’IPOCRITA “BENE DEL PAESE”, MA PER TUTELARE IN QUALCHE MODO GLI INTERESSI DELLA LOBBY CHE DA ANNI LO VEDE CAMMINARE SOTTOBRACCIO A LUCHINO DI MONTEZEMOLO, LUIGINO ABETE ED ENRICHETTO MENTANA

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Gli uscieri di TelecomItalia sono molto perplessi sulle conclusioni del consiglio di amministrazione di ieri sera che apre le porte all'editore Urbano Cairo per l'acquisto de "La7".

Innanzitutto non capiscono la ragione per cui Franchino Bernabè e i 15 consiglieri abbiano dato un'accelerazione così forte a un'operazione che è del tutto secondaria rispetto ai grossi problemi che Telecom deve affrontare in questo momento. Le spine dell'azienda sono numerose, basti pensare al macigno dei debiti che gravano e che non potranno essere risolti nemmeno con l'emissione di un bond ibrido che ha provocato non più tardi di ieri la revisione del rating da parte dell'agenzia Moody's.

E proprio ieri si è aperto il capitolo della battaglia legale tra Bernabè e Marco Tronchetti Provera a proposito dei dossier illegali prodotti all'interno della società tra il 2004 e il 2005. Di fronte a problematiche cosi' pesanti gli uscieri si aspettavano che alcuni consiglieri di Telecom si alzassero per richiamare Bernabè a tenere i piedi per terra rinviando la vendita de "La7" a dopo le elezioni.

In realtà qualcuno ha tentato di rinviare la questione, ma non si è sentita la voce stridula dell'economista Zingales che ha trascorso la giornata per sputtanare Oscar Giannino, il giornalista-politico accusato di millantato master. A questo punto diventa facile per gli uscieri rifiutare la tesi secondo la quale la politica non ha condizionato le decisioni del consiglio e del manager di Vipiteno.

Quest'ultimo da almeno un anno voleva liberarsi dell'emittente televisiva con un'operazione industriale e finanziaria che dimostrasse la sua abilità e soprattutto riuscisse a cancellare le cicatrici provocate dal miliardo di perdite che "La7" ha accumulato negli ultimi dieci anni.

Se l'intento era questo allora bisogna dire che dal punto di vista industriale e finanziario l'acquisto da parte di Cairo del settimo canale televisivo ,al prezzo simbolico di 1 euro, non è stato un capolavoro. È evidente che Franchino aveva voglia di scrostarsi di dosso la piaga dell'emittente anche a costo di attirare su di sé l'accusa di favorire un imprenditore che ha lavorato a fianco del Cavaliere e poi nel '95 si è messo in proprio dopo essere stato licenziato.

L'equazione Cairo uguale Berlusconi ha ispirato i commenti dei giornali, ma è troppo semplicistica come del tutto opinabile è la tesi che l'opzione favorevole al 56enne editore alessandrino porti automaticamente nelle braccia del Cavaliere impunito la folta e costosa schiera di giornalisti come Santoro, Formigli e Mentana.

Per gli uscieri di Telecom Bernabè ha voluto raggiungere con un'operazione discutibile dal punto di vista industriale e finanziario due obiettivi. Il primo è dimostrare ai soci di Telco,riuniti oggi in consiglio, che le loro pene per le perdite mostruose dentro Telecom sono state in qualche modo alleviate con la vendita di una controllata che ha chiuso il bilancio 2012 con oltre 100 milioni di perdite.

Questi soci non batteranno le mani per il pacchetto di noccioline. Non avverrà per Mediobanca e Intesa che dovranno mettere nel prossimo bilancio minusvalenze superiori ai 170 milioni, e nemmeno per le Generali che segneranno un buco di 450, tantomeno per gli spagnoli di Telefonica che di milioni ne hanno persi almeno 700 rispetto al valore d'acquisto originario della loro partecipazione.

Il sacrificio de La7 servirà a Franchino per guadagnare fiato e presentarsi davanti a Bersani con una faccia piu' innocente. Se il leader del Pd arriverà a Palazzo Chigi Bernabè potrà dirgli: "come vedi mi sono liberato dalla spina nel fianco di quell'emittente che con la puntata di Santoro e le strizzatine d'occhio davvero esagerate di Mentana a Grillo ti ha portato via almeno 3 milioni di voti. Quindi sono pronto ad altre avventure".

Visto sotto questa luce il ragionamento di Franchino è furbo e razionale e riporta lla politica al centro dell'operazione decisa durante le quattro ore del consiglio di amministrazione di ieri.

Chi invece esce con le ossa apparentemente rotte dalla vicenda è lo scarparo marchigiano Dieguito Della Valle che sabato scorso è entrato a gamba tesa con una dichiarazione di intenti respinta a maggioranza dai consiglieri di Telecom. E qui bisogna fermarsi e ragionare sulla mossa tardiva dello scarparo marchigiano perché i conti non tornano.

Non si capisce infatti perché Dieguito abbia aspettato l'ultimo momento per manifestare il suo interesse. L'uomo ha tanti difetti, ostenta braccialetti e abbigliamenti da dandy di periferia, e soprattutto usa un linguaggio ruspante che in nome della "competitività e solidarietà" vorrebbe fare il bene del Paese ma crea sfracelli irriverenti.

Tuttavia nessuno può insegnargli il mestiere appreso dal padre e dargli lezioni sul piano dei suoi affari e di quelli dei suoi compagni di merenda. Ebbene, se questa è la sua natura non si capisce davvero perché abbia aspettato fino a sabato prima di scendere in campo con una banca d'affari internazionale per anticipare le linee di un'offerta ,che pur essendo simile per molti versi a quella di Cairo, avrebbe aperto orizzonti meno precari dal punto di vista delle risorse a disposizione.

Il risultato che appare oggi è quello di una sconfitta clamorosa che arriva dopo i tentativi di entrare nella corazzata Rcs e di avere una voce determinante dentro le Generali dove siede per grazia ricevuta da Geronzi.

Qualcuno dice che a fare precipitare la tempistica della sua manifestazione di interessi sia stato il pallido Alberto Nagel (genio mancato della finanza) che in numerose vicende è apparso al suo fianco ed e' rimasto spiazzato dall'accelerazione impressa da Bernabè.

Gli uscieri di Telecom non sono d'accordo, e per cercare il midollo nell'operazione in favore di Urbano Cairo pensano piuttosto che sia stata messa in piedi una sceneggiata di cui si potrà vedere l'atto finale soltanto tra qualche mese.

Ad accendere una lampadina è stato il commento che al termine del consiglio ha rilasciato Tarak Ben Ammar, il consigliere di Telecom franco-tunisino che piace ai giornalisti per la sua loquacità. Con l'aria più innocente ha detto: "adesso "la7" avrà un editore. Se Della Valle vuole, si metterà d'accordo con Cairo".

Sembrano parole dettate soltanto dall'ironia, ma anche il "Corriere della Sera" scrive oggi: "non è da escludere che un qualche accordo possa emergere come secondo step tra Cairo e il patron della Tod's".

Non è da escludere quindi che dopo le elezioni il pallino ritorni nelle mani del ricco scarparo che da tempo è colpito dal morbo dell'informazione. Per riportare a galla "La7" non basta la generosità di Telecom che ha sollevato Cairo dal fardello dei debiti,servono quattrini freschi e tanti. Dieguito è uno dei pochi che questi quattrini li può mettere sul tavolo e lo farebbe non per quel "bene del Paese" che ostenta in maniera poco credibile, ma per tutelare in qualche modo gli interessi della lobby che da anni lo vede camminare sottobraccio a Luchino di Montezemolo, Luigino Abete ed Enrichetto Mentana.

Insomma, la partita de "La7" potrebbe non essere finita alle 11 di ieri sera quando i 15 consiglieri sono usciti per prendere una boccata d'aria e digerire gli orrendi panini offerti come cena da Franchino Bernabè. Molti segnali fanno pensare che Urbano Cairo, sospettato di simpatie berlusconiane, sia per il momento la punta avanzata con cui Franchino Bernabè ha salvato la sua credibilità mettendo le premesse per un grande inciucione dentro la piccola televisione.

 

Urbano Cairo - Copyright PizziFRANCO BERNABE AD TELECOM CHICCO MENTANA Bersani-MontezemoloDELLA VALLE E MONTEZEMOLO Santoro Michele Formigli Corrado Alberto Nagel article Cesare Geronzi Luca Cordero di Montezemolo Luigi Abete