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Gianluca Paolucci per “la Stampa”
Vendita di azioni con garanzia di riacquisto, linee di credito fornite dalla banca per comprare azioni della banca con le stesse azioni messe a garanzia del prestito, garanzia supplementare con riaccredito in conto corrente della differenza tra il prezzo di acquisto e quello delle azioni nel frattempo svalutate.
È il quadro che emerge da alcuni documenti interni di Veneto Banca che La Stampa ha potuto visionare, mentre sull' istituto di Montebelluna, chiamato dalla Bce alla necessità di rafforzare il proprio capitale per almeno un miliardo di euro, sono in corso due distinte inchieste da parte delle procure di Roma e di Treviso per i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Un quadro, secondo gli inquirenti, di palese violazione delle norme di codice civile, Testo unico bancario, istruzioni di vigilanza bancaria e quant' altro, che si sarebbe protratto almeno fino a luglio scorso.
Quando cioè l' istituto era già al centro delle inchieste della magistratura e delle ispezioni di Bce e Consob centrate proprio sulla correttezza delle pratiche relative al rapporto con i soci-clienti. E cessate con l' addio di Vincenzo Consoli, già dominus dell' istituto veneto, indagato e dimessosi il 30 luglio scorso.
In particolare, i documenti visionati riguardano posizioni importanti - nell' ordine di alcuni milioni di euro - relative a due persone fisiche e un' impresa. Secondo quanto ricostruito, le azioni sarebbero state comprate grazie non a una linea di credito in senso proprio, ma con uno scoperto di conto corrente a condizioni particolarmente vantaggiose, con tassi d' interesse estremamente bassi e fuori mercato per prodotti simili.
A garanzia dello scoperto sarebbero state messe le stesse azioni, in violazione della norma che vieta simili operazioni. Uno dei documenti visionati replica alla richiesta di vendita di un socio importante facendo impegnandosi a vendere un consistente pacchetto di azioni e di utilizzare il ricavato per estinguere il debito, facendo riferimento «agli atti di compensazione e garanzia» sottoscritti.
Al momento dell' aumento di capitale del 2014, ad alcuni importati soci-clienti, restii a sottoscrivere, sarebbero stati promessi dei «premi di rendimento» pari a oltre il 5% del capitale investito se avessero partecipato all' aumento e mantenuto le azioni per almeno tre anni.
Inoltre, l' istituto avrebbe anche garantito ulteriormente alcuni clienti riaccreditando in conto corrente (con la voce «Rimborso spese per competenze») la differenza tra il prezzo delle azioni sottoscritte ai massimi (40,75 euro per azione) e quello «aggiornato» dalle successive svalutazioni decise dall' assemblea, ovvero 39,50 euro dall' aprile 2014 e 30,5 euro nell' aprile di quest' anno.
Accrediti per centinaia di migliaia di euro su singole posizioni che sarebbero avvenuti appunto anche luglio 2015. Si tratta di operazioni «all' esame degli inquirenti», spiega una fonte investigativa, che stanno vagliando «centinaia» di posizioni per avere un quadro preciso e quanto più attuale delle irregolarità commesse dalla passata gestione.
Alcune di queste pratiche sono analoghe a quelle già emerse nel caso della Popolare di Vicenza, altro istituto veneto non quotato e obbligato dalla nuova legge sulle banche a trasformarsi in spa. Dal versante giudiziario, entrambe le inchieste sono condotte dal Nucleo speciale valutario della Guardia di finanza di Roma.
Veneto Banca, guidata adesso da Cristiano Carrus, ha presentato mercoledì scorso il nuovo piano industriale che dovrà traghettare l' istituto alla trasformazione in società per azioni, allo sbarco in Borsa - previsto all' inizio del 2016, passando per un drastico taglio dei costi, degli sportelli e della rete all' estero del gruppo. Un passaggio doloroso soprattutto per gli 88 mila soci, che vedranno con ogni probabilità ulteriormente ridotto il valore delle proprie azioni.
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