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Giuseppe Bottero e Francesco Semprini per “la Stampa”
Dall’Europa all’America, l’ultimo incubo di Volkswagen si chiama class action. Sul colosso dell’auto nel mirino per i test truccati sta per abbattersi uno tsunami di cause legali da parte di investitori e clienti. E le conseguenze finanziarie sono imprevedibili. Un’insidia soprattutto negli Stati Uniti, perché - come ammettono le stesse associazioni di consumatori - in Italia le «azioni collettive» restano un’arma spuntata.
IL FONDO PENSIONE
A muovere i primi passi sulla via legale, scrive il quotidiano tedesco Handelsblatt, è stato un fondo pensionistico del Michigan che ha deciso di rappresentare in giudizio una serie di azionisti Volkswagen: ritengono di aver pagato prezzi gonfiati artificiosamente per investire in Volkswagen, proprio alla luce dei livelli di emissione dei gas di scarico manipolati. E di aver perso così centinaia di milioni di dollari, «bruciati» dai mercati finanziari.
Ma non è tutto, perché ci sarebbero almeno ottanta cause partite dai consumatori statunitensi, a cui potrebbero affiancarsi le concessionarie. Sono in ottima compagnia, visto che con loro si sono schierati importanti studi legali, da Clifford Law Offices, che ha avviato un’azione nel Northern District dell’Illinois, a Sutts, mentre il canadese Strosberg LLP è promotore di una class action con la quale chiede risarcimenti per un miliardo di dollari.
La strada, tuttavia, potrebbe non essere in discesa, perché in base a una sentenza della Corte Suprema del 2010, la legge Usa non tutela chi acquista azioni di società straniere quotate nelle Borse d’oltreoceano. In sostanza chi ha azioni Volkswagen scambiate sui listini europei rischia di rimanere escluso da ogni protezione, a differenza di chi è titolare di American Depositary Receipt (Adr) del titolo tedesco. Si tratta di titoli rappresentativi di azioni quotate all’estero, che sono però scambiati sui mercati Adr americani. E proprio per questo giudicati meritevoli di protezione.
I LIMITI IN EUROPA
Contro Wolfsburg si stanno organizzando anche i clienti europei. E una maxi-class action italiana, dice il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, «è possibile». Dal Codacons, l’associazione dei consumatori che tramite il sito ha già raccolto almeno 12 mila pre-adesioni da parte di clienti Vw, raccontano di una battaglia che si svolgerà su due fronti. I legali chiederanno il risarcimento per il danno contrattuale - visto che chi ha acquistato un’auto «truccata» si ritrova in garage una macchina con caratteristiche diverse da quelle promesse - e per il danno extra-contrattuale.
Volkswagen dunque potrebbe essere accusata da ogni cittadino di averlo costretto a immettere nell’aria sostanze tossiche, avvelenando l’aria. Per capire cosa si può ottenere è presto: l’obiettivo è un indennizzo economico. Sarà difficile. A cinque anni dal debutto sono pochissime le class action vincenti: tra le ultime l’offensiva contro lo Stato per le classi-pollaio e quella contro Voden Medical Instruments, produttore di un kit anti-influenza.
volkswagen autostadt fabbrica concessionario
Nessuna Erin Brockovich, per capirsi: la storia dell’attivista che portando in tribunale la Pacific Gas & Eletric Co con l’accusa di aver contaminato le falde acquifere della città ha ottenuto 333 milioni è tutta americana. Ecco perché Adusbef e Federconsumatori, ieri, sono tornati ad invocare una nuova normativa europea: «Ci sono stati passi avanti. Ma ancora non basta».
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