DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Giordano Stabile per “la Stampa”
Schengen è sotto assedio. Davanti a un’ondata di rifugiati mai vista dalla fine della Seconda guerra mondiale, una dopo l’altra ricompaiono le frontiere all’interno dell’Unione europea. Quelle che l’accordo siglato trent’anni fa in una cittadina lussemburghese, al confine con Francia e Germania, aveva cancellato.
Un effetto domino: domenica Berlino ha annunciato il ripristino dei controlli con l’Austria, anche se come «misura temporanea». Ieri è stata la volta della Slovacchia e dell’Olanda, mentre la Polonia valutava se imitarle, l’Ungheria sigillava la sua frontiera con la Serbia e la Francia minacciava di bloccare di nuovo, come a maggio, il valico di Ventimiglia in caso di un flusso eccezionale di profughi dall’Italia.
Militari e filo spinato
Il pilastro della libera circolazione delle persone è incrinato. Secondo il ministro dell’Interno di Parigi Bernard Cazeneuve, in mancanza di una accordo «solidale» sulla gestione degli arrivi di rifugiati potrebbe crollare. I numeri contano. Il governo tedesco ha avvertito che entro l’anno potrebbe arrivare un milione di richiedenti asilo. Più delle capacità di accoglienza.
La Baviera, con 19 mila arrivi nell’ultimo weekend, le ha già superate. Il che spiega il ripristino dei controlli e il balletto di blocchi ai treni, praticamente a giorni alterni, applicato dalla confinante Austria. E i 220 militari che la vicina Slovacchia ha inviato ai valichi con la stessa Austria e l’Ungheria.
È il terminale del corridoio balcanico che sta andando in tilt. Da primavera la via libica è chiusa per i profughi siriani. La Turchia si è mostrata sempre più insofferente nei confronti dei due milioni che sono entrati sul suo territorio dalla scoppio della guerra civile in Siria.
Ha lasciato che affluissero verso le coste, tollerato il business dei gommoni e dei salvagenti. La prima ondata ha investito le isole greche. Poi la Macedonia, dove ancora ieri sono arrivati 6 mila profughi in 24 ore. L’ondata ha poi attraversato al Serbia per arrivare alla porta di Schengen, l’Ungheria.
Budapest ha reagito con la costruzione di una barriera. Come avevano fatto in passato, va detto, Grecia e Bulgaria alla frontiera con la Turchia. Ieri anche l’ultimo passaggio, la ferrovia che passa per Roeszke, è stato sigillato, con un vagone merci munito di filo spinato.
L’ingresso illegale nel Paese è ora reato punibile con tre anni di carcere. Il premier Viktor Orban ha detto che servirà a proteggere «l’Ungheria e l’Europa». E la «millenaria cultura cristiana» ungherese. Una nota stonata, considerato che fra i profughi siriani c’è un 10% di cristiani, in fuga dai massacri e dalle vessazioni dell’Isis.
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