ricatto sessuale

OGGI PORNO, DOMANI RICATTO – DUE STUDENTI 20ENNI DI TORINO SONO FINITI A PROCESSO PER AVER RICATTATO UNA LORO EX COMPAGNA DI CLASSE CON LA MINACCIA DI DIFFONDERE UNA FOTO HOT SCATTATA NEI BAGNI DELLA SCUOLA – LA RAGAZZA ERA COSTRETTA A PAGARE LORO LA PIZZA E A FARE I LORO COMPITI SE NON VOLEVA CHE LA FOTO FINISSE SUL TELEFONINO DELLA SORELLINA DI 11 ANNI…

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LE IENE RACCONTANO IL MONDO DEL REVENGE PORN:

https://www.iene.mediaset.it/2019/news/revenge-porn-mandiamo-tua-foto-ose-_527955.shtml

 

Giovanni Falconieri per "www.corriere.it"

 

ricatto sessuale

«Se non fai gli schemi entro lunedì, giuro che mando la foto a tua sorella». Ed è così che si è ritrovata costretta a svolgere i compiti dei compagni di classe o addirittura a pagare loro la pizza per evitare il peggio.

 

Era sotto ricatto. Se non avesse soddisfatto le richieste ed esaudito i desideri, loro avrebbero diffuso la foto osé scattata nei bagni della scuola. Loro sono due studenti ventenni di Torino, ora a processo per estorsione e violenza privata per un ricatto a sfondo sessuale avvenuto due anni fa ai danni di una loro amica e compagna di scuola, adesso 21enne.

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Il processo è cominciato questa mattina, 3 ottobre, davanti al giudice Federica Gallone del Tribunale di Torino. I due ragazzi sono assistiti dagli avvocati Costanza D’Ormea, Antonio Mattiale e Massimiliano Peiretti.

 

I fatti risalgono al 17 giugno 2017 quando, la giovane si sarebbe intrattenuta in un bagno dell’istituto con uno dei due ragazzi, che aveva scattato una fotografia: «Pensavo che stesse guardando il cellulare. Solo dopo mi ha detto che aveva preso l’immagine. Scherzando, lui e l’amico mi dicevano che se non avessi fatto qualcosa per loro l’avrebbero mandata alla mia sorellina di 11 anni.

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Per ‘qualcosa’ intendevano uscire, fare i compiti, pagare la pizza». Doveva anche chiamare l’amico «il mio padrone», ma «era per scherzare». A novembre la fotografia cominciò a circolare: i compagni di classe informarono i loro rappresentanti e una docente presentò una denuncia. «Avevo paura. I miei genitori non sapevano nulla. Nel febbraio 2018 la professoressa ha informato mio padre in un colloquio. Mia madre l’ha saputo lo scorso gennaio quando ci è stato notificato l’inizio del processo».

 

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«Per questa storia non riuscivo più a studiare. Non ero concentrata abbastanza. E alla fine non sono stata ammessa alla maturità. Avevo paura che i miei lo venissero a sapere. Ma la classe già sapeva, e io ero imbarazzata».

 

Anche secondo gli imputati la vicenda va inquadrata come uno scherzo: entrambi, in aula, hanno fatto presente che la ragazza ha continuato a frequentare il gruppo fino a pochi mesi fa.

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L’inchiesta della polizia, coordinata dal pm Valentina Sellaroli, è cominciata dopo la denuncia di una professoressa, che era stata allertata dai compagni della ragazzina. Per questa vicenda la giovane ha avuto difficoltà nel rendimento ed è stata bocciata prima dell’esame di maturità. La famiglia della giovane si è costituita parte civile.

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