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“NEL SUO CELLULARE C’ERANO DIVERSI MESSAGGI DOVE SI ALLUDE A RAPPORTI CHE AVREBBE AVUTO CON ADULTI” - LA STORIA DELLA 12ENNE VIOLENTATA IN STAZIONE A TORINO: NEL SUO TELEFONO LA MADRE AVEVA SCOPERTO SESSO NELLE APP, NELLE CHAT E NEGLI INCONTRI DAL VIVO COMBINATI NEI BAGNI DEL CENTRO COMMERCIALE O DELLA STAZIONE - LA PROCURA INDAGA SUI PROFILI DEGLI UOMINI CHE L’AVREBBERO ADESCATA. IL PRIMO ACCUSATO È UN VENTENNE. LA RAGAZZINA A UN’ASSISTENTE SOCIALE CONFESSA: “QUEL RAGAZZO MI HA OBBLIGATA A FUMARE MARIJUANA. MI HA COSTRETTA AD ANDARE NEL BAGNO”
VIOLENZA SESSUALE SU UNA RAGAZZA
Estratto dell’articolo di Elisa Sola per "la Stampa"
Terrazza interna della stazione di Porta nuova, un giorno afoso d'estate. Due turisti olandesi aspettano fuori dai bagni dell'area ristorante. Sentono dei gemiti. «Ci siamo spaventati». Chiamano la polizia. Gli agenti della Polfer bussano. Non apre nessuno. Dopo cinque minuti esce un ragazzo alto. Ha vent'anni. Dietro di lui, c'è lei. Ne ha dodici. Ripete: «Scusate. Chiedo scusa. Non volevo disturbare».
(…)
Quando durante l'incidente probatorio, davanti alla gip Ersilia Palmieri e alla pm Barbara Badellino - che ottiene il carcere per il ventenne accusato di violenza sessuale su minorenne - parla il perito. «La ragazzina è idonea a testimoniare. Non ha patologie. Si è esposta a un'esperienza fortemente traumatica. I genitori, dopo il fatto, le hanno affiancato una tata che sta con lei dopo la scuola».
Era a casa della nonna, la bambina di 12 anni, quel giorno di luglio a Torino. Mamma e papà erano al lavoro. Lei va alle medie. La procura ha indagato per sette mesi per dare un senso a un fatto che ha turbato inquirenti, poliziotti ed esperti del settore. E che, all'inizio, non era chiaro come alla fine dell'inchiesta.
La prima versione della ragazzina, che era stata sentita subito dopo il fatto all'ospedale Regina Margherita, aveva spinto gli inquirenti a indagare per atti sessuali con minorenne: «Quel pomeriggio sono uscita da casa dei nonni e sono andata a Porta nuova per incontrare dei ragazzi che conosco. Sono stata ai giardini con loro e poi al centro commerciale con un ragazzo di 15 anni.
Sono amici di un mio compagno di scuola. Quando sono tornata a Porta nuova ho visto questo ragazzo che mi fissava. Gli ho detto di avere 13 anni, non dodici. Mi ha offerto un gelato. Mi ha detto che aveva 18 anni. Abbiamo fatto una passeggiata. Poi siamo andati nel bagno della stazione. I miei genitori non sanno niente dei miei rapporti sessuali».
La versione cambia tre settimane dopo, quando la ragazzina parla con un'assistente sociale. «Con lei è riuscita ad aprirsi, e a raccontare con coraggio la verità», spiegherà la madre. «Quel ragazzo mi ha obbligata a fumare marijuana. Mi ha costretta ad andare nel bagno. Mi ha obbligata a farlo con lui. Non l'ho detto subito perché avevo paura di lui».
La versione del ventenne arrestato, difeso dall'avvocata Stefania Giordano, non ha convinto la gip Ersilia Palmieri: «È venuta lei da me. Non pensavo che avesse 12 anni. Sembrava molto più grande. Siamo andati nel bagno insieme e lo abbiamo fatto. Non l'ho mai costretta». Ma il tema della volontà, quando c'è una bambina di mezzo, non si pone neppure.
Come scrivono gli agenti della Polfer in un inciso della relazione: «Essendo del tutto irrilevante il consenso prestato da una minore infra quattordicenne». È troppo piccola. È una bambina. Scrive la gip: «È vulnerabile, sia per l'età che per l'evidente immaturità emotiva e sentimentale, oltre che sessuale».
E allora non contano, nel valutare il reato o la storia, i messaggi che la sua mamma, quel pomeriggio d'inferno di luglio, ha scoperto sull'iPhone della figlia mentre la cercava disperatamente. Il sesso nelle app, nelle chat, negli incontri dal vivo combinati nei bagni del centro commerciale o della stessa stazione in cui si è consumata la violenza. «Quel giorno ho lasciato mia figlia da mia madre. Non è tornata. Ho mostrato alla polizia il suo cellulare. Ero preoccupata per lei. Avevo trovato diversi messaggi dove si allude a rapporti che avrebbe avuto con adulti. Da quel giorno le ho tolto il telefono». La polizia, adesso, indaga sui profili di questi uomini che l'avrebbero adescata. (…)
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