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MAGAZZINI GLAMOUR E HOTEL 5 STELLE: L’AVANA DI LUSSO MA SOLO PER I TURISTI - AI CUBANI INVECE RESTANO LE CATAPECCHIE E UNO STIPENDIO DI 25 DOLLARI AL MESE - LO STATO SPERA COSI’ DI RIMPINGUARE LE CASSE  MA CON L’ARRIVO DI TRUMP IL BOOM SI E’ FERMATO E I VOLI DAGLI STATES SONO VUOTI

Sara Gandolfi per il Corriere della Sera

 

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Online corrono già le prime recensioni. «Il miglior albergo dell' Avana. Sul Prado, vicino alla centralissima calle Obispo E che dire della piscina all' ultimo piano», scrive uno dei primi ospiti del nuovo hotel a cinque stelle, proprietà della compagnia statal-militare cubana Gaviota S.A. e gestito dalla svizzera Kempinski.

 

La vera attrazione, però, è al piano terra del rinnovato edificio Manzana de Gomez: lampadari barocchi, pavimenti in marmi e una sfilza di marche famose - da Lacoste a Mont Blanc - nel primo «shopping-mall» di lusso dai tempi della rivoluzione castrista.

 

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I cubani qualunque, quelli che guadagnano ufficialmente intorno ai 25 dollari al mese (la paga pubblica, poi tutti qui arrotondano come possono), si fanno i selfie davanti alle vetrine per poi mandarli ai parenti di Miami.

 

«Anche noi, nel nostro piccolo». Peccato che siano davvero pochi quelli che possono permettersi di spendere 24 dollari per due tazze da thé, 95,20 dollari per una eau de toilette di L' Occitane o diverse migliaia per un orologio Bulgari.

 

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C' è pure un Gucci che vende borse, ma la casa madre, in Italia, sottolinea che non c' entra nulla con l' azienda. «È una persona della famiglia», ossia Giorgio Gucci. «Cuba si è trasformata in un paradiso della moda, per questo ho voluto venire qui», ha detto all' agenzia Efe l' imprenditore che all' hotel Manzana ha aperto la filiale multimarca «Giorgio G. Vip», con articoli di Versace e Armani.

 

Chi arriva all' Avana dopo qualche anno di assenza stenta ad orientarsi. La maggior parte delle case sono ancora fatiscenti, cadenti, a volte proprio in rovina, anche se la Oficina del Historiador ha fatto miracoli per recuperare i palazzi più belli, spesso con il generoso aiuto dei Paesi europei.

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Intorno alla Cattedrale oggi è un ribollire di negozietti di cuentapropista (i piccoli imprenditori privati): qualcuno vende oggetti di qualità, la maggioranza propone al turista la solita paccottiglia da souvenir, solo che qui al posto della gondola e della torre Eiffel su T-shirt e borse stampano la facciona del Che e del defunto Fidel.

 

Per non parlare delle marche globalizzate, quelle che invadono sempre uguali a se stesse le strade del mondo occidentale, e pure la centralissima Plaza Vieja dell' Avana.

 

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Ora è tempo di lusso. Un assaggio i cubani lo avevano già avuto nel maggio dell' anno scorso quando Chanel aveva fatto chiudere il viale alberato del Prado per far sfilare Tilda Swinton e Gisele Bundchen.

 

Lusso sì, ma controllato dalle forze armate castriste attraverso l' agenzia turistica Gaviota che dipende dalla holding militare Cimex.

 

Il comunismo si arrende al capitalismo? No, piuttosto cerca di riempiere le vuote casse come può e munge dove c' è ancora qualcosa da mungere.

 

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Terrorizzato dal pericolo, quanto mai reale, di perdere i rifornimenti di petrolio dall'«amico» Venezuela - alle prese con altri problemi a casa sua - il regime cubano spalanca le porte al turismo. Come già fece negli anni Ottanta, in pieno «periodo speciale».

 

Stavolta però il rischio che l' apertura porti con sé forti diseguaglianze sociali e magari le prime rivendicazioni politiche è molto più alto.

 

Anche perché al potere non c' è più Fidel, ma il suo meno amato, e ormai molto anziano, fratello Raúl. D' altra parte la distensione voluta da Obama, con la ripresa delle relazioni diplomatiche fra Cuba e Usa, sembra ogni giorno più a rischio.

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Donald Trump ha già fatto trapelare di voler riportare indietro le lancette dell' orologio. E il tanto atteso boom ancora non c' è stato. Molte compagnie aeree statunitensi che erano corse ad chiedere l' autorizzazione per collegare finalmente i due Paesi stanno iniziando a tagliare i voli per mancanza di passeggeri.

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