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Marco Giusti per Dagospia
Magari non era odiato dalla critica militante come Elio Petri, ma anche Damiano Damiani, inventore della "Piovra" in tv e del cinema di denuncia civile, degli Sciascia movies, anche se il suo "Il giorno della civetta" era piu' riuscito di "A Ciascuno il suo di Petri, si reinventava Franco Nero sbirro, esaltava la bellezza di Claudia Cardinale e scopriva Tano Cimarosa come "Zecchinedda", non e' che fosse molto amato dai ragazzacci della turbocritica anni 60, divisi tra Godard e Mario Bava, Aldrich e Fulci, Bazin e Debord.
I suoi film andavano visti quasi in segreto, per non farsi scoprire, ricorda qualche vecchio militante del tempo. Ma quando usci' "Quien sabe?", primo dei Tortilla western sulla rivolucion pre-sessantottina, interpretato da Gian Maria Volonte' come El Chincho, Lou Castel come Il gringo bastardo, Klaus Kinski come frate dinamite, Martine Beswick come rivoluzionaria, scritto da Franco Solinas, rimanemmo incantati. Anche se nulla sapevamo delle botte, vere, non metaforiche, che si erano dati Damiani e Volonte' sul set in un'Almeria caldissima, in un film prodotto da un fabbricante di tortellini bolognese. E molto ci e' dispiaciuto quando Damiani dichiaro' di aver fatto un film storico, non uno spaghetti western.
Lui non faceva western, anche se nella prima parte della sua carriera cinematografica molto lavoro' come sceneggiatore tuttofare per kolossal e Macisti firmati da Victor Tourkanski e prodotti da Venturini, e finira' poi col girare uno spaghetti western per Sergio Leone, il non bellissimo "Un genio, due compari e un pollo" e bazzico' pure con l'horror, "Amytiville Possession", e col massimo del trash anni 90, "Alex l'ariete", avventuroso con un stracultissimo Alberto Tomba.
Col poliziesco, pero', Damiani poteva toccare apertamente, senza sconvolgere la critica benpensante di sinistra, le due corde del genere, spesso mischiandole, quella del film di denuncia e del bang bang puro, nascondendo cosi' la propria capacita' di buon professionista di un cinema classico, Ovvio che questa etichetta dovesse stargli stretta, in un mondo di autori e geni dell'impegno, e forse per questo lascio' a altri registi la lunga serialita' della Piovra televisiva, ma la realta' e' che Damiani eccelleva piu' nel genere, che toccava con intelligenza e sensibilita', scoprendo o reinventandosi attori, come Michele Placido o Giuliano Gemma, che nel cinema d'impegno.
Alla fine i suoi film migliori, "Quien sabe?" a parte, sono proprio I polizieschi, "L'avvertimento", "Confessioni di un commissario di polizia", "Pizza connection", "Un uomo in ginocchio", piu' che certi film piu' autoriali, come il terribile "Gioco al massacro" con Tomas Milian e Elliott Gould o "L'inchiesta", il giallo-peplum con David Carradine e Harvey Keitel. Non erano male, inoltre, "Girolimoni", giallo storico con Nino Manfredi e lo stravagante "ll sorriso del grande tentatore" con Glenda Jackson. Proprio il suo tenersi alla larga ideologicamente dai generi non lo ha visto al centro delle recenti rivalutazioni tarantiniane.
Anzi. Oggi sono molto piu' popolari e amati i polizieschi di Di Leo e Castellari che non quelli "civili" di Damiani, sempre con predica finale e tirata politica, ma una recente rilettura fatta a Citta' del Mexico di "Quien sabe?", film che non era mai stato distribuito li' come tutti gli spaghetti western, di fronte a veri storici come Christopher Frayling, lo pone tra i piu' grandi registi di cinema popolare italiano di ogni tempo.
LA PIOVRADAMIANO DAMIANIDAMIANO DAMIANIDAMIANO DAMIANI IL GIORNO DELLA CIVETTALA PIOVRA
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