“E QUESTO CHI E’?”: IL GOVERNINO DELLE TERZE FILE E’ BUONO SOLO PER I GIORNALI…

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Mario Giordano per "Libero"

Scusi, lei chi è? Sulle scale del Quirinale i commessi hanno fermato il neo ministro Graziano Delrio, che si è presentato accompagnato da 6 dei suoi 9 figli. Poco c'è mancato che gli chiedessero di mostrare la carta d'identità: «Insomma, qui giura un governo, non è il momento del pic nic delle famigliole...».

L'incidente diplomatico è stato sventato, Delrio s'è fatto riconoscere e ha giurato come tutti i suoi colleghi: il ministro dei Beni culturali Massimo Bray, che è arrivato sulla Panda rossa, la Cancellieri che s'è fatta accompagnare da due nipotini, Emma Bonino che è scesa da un taxi, e soprattutto lei, la prima ministra di colore, Cecilie Kyenge, che quando il segretario generale del Quirinale ha dovuto chiamarla per il giuramento, ha dovuto domandare a chi gli stava vicino: «Ma come si pronuncia questo nome?».

A me, sono sincero, il rinnovamento piace molto. C'era bisogno di fare entrare un po' d'aria pulita nelle stanze del palazzo, c'era bisogno di idee nuove, forze fresche, persone magari più capaci di coloro che li hanno preceduti e ci hanno portato a questo disastro. Enrico Letta è una persona perbene e in gamba, ed è riuscito a mettere insieme una squadra di volti come il suo, quasi tutta gente che faresti fidanzare con tuo figlio o con tua figlia, che ti porteresti in casa, senza temere che ti possa svuotare il salvadanaio (non è poco, visto quello che è successo in precedenza).

Ma il punto è: riusciranno a governare? Avranno la forza per gestire una fase così difficile? Saranno sostenuti a sufficienza dai loro partiti? Avranno le spalle abbastanza grandi per affrontare i cambiamenti radicali che il Paese si aspetta? Ce la faranno, per dire, domani mattina ad approvare la restituzione dell'Imu? Il ringiovanimento, in effetti, è una bella cosa, a patto che non sia soltanto lo schermo per nascondere il disimpegno. In altre parole: se in questo governo sono entrati volti nuovi perché si voleva dare forza al cambiamento, allora ci aspettiamo da subito grandi cose.

Ma se in questo governo sono entrati volti nuovi, solo perché i big se ne stanno nell'ombra a piazzare trappole e tramar tranelli, beh, allora il rinnovamento avrà vita breve. E a leggere fra le righe in queste ore i segnali incoraggianti non sono moltissimi: dietro le parole di formale adesione al tentativo di Enrico Letta, si sentono infatti molti distinguo, diversi però, reciproche freddezze, documenti, contro-documenti, divisioni e tentennamenti che non lasciano ben sperare.

E dunque forse è un bene che a giurare ci salga un padre di nove figli che non viene riconosciuto al Quirinale: se ci salisse Amato (tanto per citare uno a caso) siamo sicuri che lo riconoscerebbero subito, ma questo non renderebbe più tranquilli i nostri risparmi. Anzi. Il problema però non è se Delrio viene riconosciuto dai commessi, il problema è se viene riconosciuto dal suo partito.

Allo stesso modo: il problema non è se il segretario generale non sa pronunciare il nome di Cecilie Kyenge, il problema è se tutti sanno perché Cecilie Kyenge sia finita in questo governo, oltre che per dare un titolo molto chic ai giornali. Guardavo ieri quei volti sfilare timidi e sereni nella sala delle feste del Quirinale,mentre davanti a Palazzo Chigi tuonavano le pistole, e mi chiedevo: riusciranno a fare i ministri sul serio o sconteranno la debolezza dei loro partiti, Pd in testa?

E i partiti, Pd in testa, hanno lasciato fuori i big perché volevano davvero il cambiamento o solo perché non volevano troppo sporcarsi le mani? Alcuni nomi di quest'esecutivo sono improbabili: qualcuno spieghi che ci fa il sindaco di Padova allo Sviluppo economico, tanto per dire, o perché sia necessario avere al lavoro Giovannini (quello che ci ha messo sette mesi per dire che gli stipendi dei parlamentari non si possono tagliare) o perché ci si debba tenere come sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, quello che si è comprato la casa vista Colosseo dall'Inps (177mila euro per 109 metri quadrati).

Ma per il resto diciamo che si tratta di una squadra abbastanza buona, che non fa accapponare la pelle, per lo meno non ci sono vecchi arnesi del palazzo o professorini del genere elsa-fornero che non capiscono la differenza che passa tra un tavola del power point e un cristiano. Il punto resta il medesimo: tutto ciò basta?

Nel togliere la pelle al ministro della cultura Bray, Galli della Loggia sul Corriere di ieri ricordava che quest'uomo non è particolarmente dotato di conoscenza del tema (come massimo titolo vanta la presidenza della Fondazione La notte della Taranta, per la promozione della pizzica salentina) ma ha come merito quello di essere molto legato a D'Alema.

Ecco: il punto è questo. Se il ringiovanimento è mandare avanti le controfigure perché i big si tengono le mani libere nelle retrovie, il governo Letta è destinato a fare ben poco per l'Italia: siamo molto felici, per l'amor del cielo, di aver visto arrivare al Quirinale il volto sconosciuto di Massimo Bray in Panda rossa anziché quello conosciuto di Massimo D'Alema sull'auto blu, ma la soddisfazione dura poco. Per cambiare l'Italia nemmeno la solitudine dei numeri primi è mai stata sufficiente. Figurarsi quanto può esserlo la solitudine dei numeri secondi. O, peggio, dei numeri terzi.

 

Graziano delrioFLAVIO ZANONATOLetta saluta Patroni Griffi Enrico Giovannini DSC ENRICO LETTA E GIORGIO NAPOLITANO