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Francesca Paci per "La Stampa"
La repentina metamorfosi del successore di Mubarak, Mohammed Morsi, spogliatosi degli abiti del debole leader delegittimato dai generali prima ancora di assumere il potere per indossare quelli del politico capace di recuperare terreno in pochi giorni, ha colto il paese di sorpresa. Man mano che passano le ore, invece, l'exploit del primo presidente islamista regolarmente eletto nel mondo arabo appare essere stato assai meno scioccante per l'esercito. Non si tratta solo della spiegazione ufficiale dei militari che su Facebook definiscono l'avvicendamento dei propri vertici «una cosa naturale». Il punto, sottolineano gli analisti, è che se di putsch dei Fratelli Musulmani si fosse trattato il Cairo sarebbe già da ore invasa dai tank.
Di certo, dopo il siluramento di Tantawi, i Fratelli Musulmani, a cui Morsi è organico, dispongono di un'estesa autorità il cui esercizio può suscitare approvazione, come nel caso della reazione alla sfida jihadista in Sinai (dove ieri è stato ucciso un leader tribale avverso ad Al Qaeda), o allarme, come in quelli della recente messa al bando del popolare volume di geopolitica americano «A History of the Modern Middle East» e del processo ai giornalisti anti-Morsi Tawfiq Okasha e Islam Afifi.
Quanto però l'esercito sia preoccupato dal nuovo sviluppo emerge dalla reazione degli Stati Uniti che, secondo il Washington Post, sono piuttosto a loro agio con il neoministro della Difesa al-Sissi, ex capo dell'intelligence militare. Non solo infatti il Pentagono ha smentito le voci di un presunto pedigree islamista di al Sissi (che ieri ha ricevuto le congratulazioni del leader di Hamas a Gaza Haniyeh) ma l'ha definito figura garante di continuità nella collaborazione tra i due paesi.
«Tantawi e Sami Anan sapevano in anticipo che sarebbero stati pensionati» ripete il portavoce di Morsi Yasser Ali. Diverse fonti lo confermano.
Secondo Amr el-Shobaki dell'Al-Ahram Center for Political Studies, il presidente si sarebbe accordato con alcuni membri della giunta militare (Scaf) incluso al-Sissi. à probabile, nota l'analista Sharif Younis, che i militari, potenti custodi del 30% dell'economia egiziana, non abbiano avuto alternative al ridimensionamento dopo la figuraccia in Sinai. Ma il politologo Emad Shahin evidenzia comunque l'astuzia di Morsi nell'evitare l'escalation dello scontro con l'esercito assicurandosene la lealtà con la nomina di al-Sissi al posto di Tantawi e Sidki Sayed Ahmed al posto di Anan.
«Morsi ha fatto bene i compiti a casa» ammette lo studioso del Council on Foreign Relations Steven Cook. Contenendo l'invadenza dell'esercito, l'Egitto ha teoricamente fatto un passo avanti verso la transizione democratica. Ma Cook invita a interrogarsi a fondo sulle «credenziali democratiche dei Fratelli Musulmani».
I liberali egiziani guidano il partito degli apprensivi e qualcuno parla già di scendere in piazza contro Morsi il 24 agosto. L'ex candidato alla presidenza El Baradei scrive su Twitter che «con i militari privati del legislativo e in assenza di un parlamento, il presidente assume poteri imperiali». L'attivista del movimento 6 Aprile Asma Mahfouz commenta che «la rivoluzione merita di meglio dei vecchi leader dello Scaf» e invita i compagni a concentrarsi sulla Costituzione, ancora sospesa. Ma Mohammed Khamis, pioniere di Tahrir, denuncia la marginalizzazione che incombe sui terzisti, i nemici degli islamisti quanto dei generali: «Si sono accordati, altrimenti Morsi farebbe processare Tantawi e Sami Anan».
Qualsiasi cosa ci sia dietro le quinte è oscura come la ribalta. à possibile che il presidente abbia giocato d'anticipo per evitare d'esser di nuovo arginato dai militari o che siano i militari ad avergli lasciato campo libero per vederlo naufragare nel mare delle responsabilità . Intanto Morsi ha deciso la riapertura nei due sensi di marcia del valico di Rafah, tra Gaza e l'Egitto. Israele ha le antenne tesissime.
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