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1 - SCANDALO CINESE PER IL RE DEI CASINÃ CHE FINANZIA ROMNEY
Paolo Mastrolilli per "La Stampa"
Sheldon Adelson, uno dei più ricchi finanziatori del Partito repubblicano, è sotto inchiesta per gli affari condotti in Cina. Il dipartimento alla Giustizia e l'autorità di borsa Sec sospettano che abbia usato la corruzione per farsi spazio nella Repubblica popolare.
Adelson è il proprietario della Sands Corporation, la compagnia che gestisce alcuni dei casinò più grandi di Las Vegas. Naviga nell'oro ed è famoso per i generosi contributi politici che concede. Durante le primarie repubblicane, Sheldon e sua moglie Miriam avevano praticamente finanziato da soli la campagna di Newt Gingrich, staccando di volta in volta assegni da dieci milioni di dollari. Dopo che Newt è stato sconfitto, gli aiuti sono stati girati su Romney. Al momento, Adelson ha dato almeno 35 milioni di dollari ai candidati del Gop.
Tutto questo ha attirato l'attenzione dei politici, ma forse anche quella degli investigatori. Al centro delle indagini ci sono le attività della Sands in Cina, dove il gioco d'azzardo è legale solo a Macao. Adelson ha costruito un grande complesso in questa città e sta lavorando anche ad un resort nel territorio della Repubblica popolare. Nello stesso tempo ha creato l'Adelson Center for U.S.-China Enterprise, con lo scopo di promuovere gli investimenti americani a Pechino.
Tutto questo è stato fatto soprattutto grazie all'aiuto di un intermediario locale, Yang Saixin, che con le sue conoscenze aveva aperto molte porte a Sheldon. In cambio, riceveva uno stipendio da trentamila dollari al mese. Il sospetto è che oltre alle amicizie, Yang abbia usato anche le tangenti. I documenti visti dagli investigatori, infatti, dimostrano che Adelson ha dato almeno settanta milioni a compagnie vicine all'intermediario, ma molti di questi soldi sono spariti senza sapere a cosa siano serviti. Yang nel frattempo è stato licenziato, ma ora è indagato insieme a Sheldon.
2 - ROMNEY, NEL TOUR A MIAMI LA TAPPA NEL LOCALE DELL'EX NARCOTRAFFICANTE
Da "La Stampa"
Se non fosse che rischiano di contribuire pesantemente a fargli perdere le presidenziali Usa del 6 novembre contro Barack Obama, parrebbe che Mitt Romney a collezionare figuracce provi davvero un gusto pazzo. L'ennesima della serie, probabilmente non l'ultima, l'ha combinata ieri a Miami: alla caccia dei voti dell'influente comunità degli espatriati cubani, di tendenze politiche notoriamente conservatrici, Romney ha avuto la bella idea di visitare un locale alla moda, "El Palacio de los Jugos", piuttosto famoso per le sue bibite a base di succhi di frutta tropicale che accompagnano piatti caraibici. Peccato che il proprietario, Reinaldo Bermudez detto "el Guajiro", sia noto per essere stato dedito al narcotraffico, attività che nel 1999 gli costò una condanna a tre anni di carcere, scontata per intero.
Insomma, il presunto paladino della legge e dell'ordine non ha trovato di meglio, tra i tanti bar e ristoranti disponibili su piazza, che recarsi in quello di un criminale recidivo il quale, in quanto tale, a novembre nemmeno potrà votare, essendo stato interdetto dall'elettorato attivo come pena accessoria.
La scelta del "Palacio del los Jugos" in effetti aveva suscitato sconcerto e anche polemiche tra i politici locali di lungo corso, usi a incontrare i candidati repubblicani in posti ben più rinomati, e soprattutto più raccomandabili, tipo la celebre caffetteria "Versailles", sita nel cuore di Little Havana. Ma tant'è, l'ex governatore del Massachusetts ha voluto cambiare, e c'è da giurarci che non tutti i potenziali elettori abbiano gradito la scelta.
Bermudez, dal canto suo, non si è certo impegnato a tirarlo fuori dal pasticcio, anzi, se possibile ce lo ha ficcato ancora più dentro. Al quotidiano "The Miami New Times"´ ha raccontato infatti che, quando gli fu chiesto dal comitato elettorale di Romney di poter utilizzare il locale per un comizio, il suo passato e il suo presente furono passati letteralmente al setaccio dagli agenti del Secret Service, il servizio di sicurezza presidenziale cui spetta assistere anche i semplici aspiranti alla Casa Bianca.
«Di me e dei miei precedenti erano assolutamente a conoscenza, sapevano tutto», ha puntualizzato l'uomo. «Hanno controllato ogni cosa, e non ci sono stati problemi. Ciascuno», ha tenuto a concludere in tono candido, «merita una seconda occasione». Dalla cerchia ristretta dei collaboratori di Romney è stato rifiutato qualsiasi commento sulla vicenda.
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