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ANCHE PUTIN DEVE SUBIRE IL “METODO TRUMP” – DOMANI IL PRESIDENTE AMERICANO SI RIVOLGERA’ PUBBLICAMENTE “MAD VLAD” – L'AMBASCIATORE STEFANINI: “SAPREMO QUALI BASTONI E CAROTE INTENDE USARE PER SPINGERE PUTIN A NEGOZIARE QUEL ‘DEAL’ CHE IL PRESIDENTE RUSSO SI OSTINA A NEGARGLI. QUESTA È LA DIPLOMAZIA DONALD TRUMP STYLE: METTERE IN PIAZZA LA POSTA IN GIOCO AVVALENDOSI DELLE LEVE DI PRESSIONE DI CUI DISPONE PER METTERE SPALLE AL MURO GLI INTERLOCUTORI. È QUANTO STA FACENDO A PIÈ SOSPINTO CON TUTTI I PARTNER COMMERCIALI…”
Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”
Amici o nemici per Donald pari sono. Non lo nasconde. La stessa ricetta vale per tutti: Unione europea, Canada, Giappone - Russia. E adesso tocca a Vladimir Putin. Sembrava destinato ad entrare fra gli amici dopo mesi di cordiali e rispettose frequentazioni telefoniche; adesso chissà? Ma non fa tanta differenza.
Donald era solito parlarne con non celata stima. Ma ultimamente Vladimir l’aveva “scontentato”. Immaginiamo sia perché continua, anzi intensifica, la guerra ucraina che Donald voleva finire molto alla svelta - le famose 24 ore poi allungate ma sempre con l’idea di sbrigarsi.
Domani il presidente americano glielo farà sapere in diretta. Gli chiederà di nuovo il cessate il fuoco incondizionato? Altrimenti continua ad armare l’Ucraina sul conto spese della Nato?
[…] Sapremo anche noi cosa Trump vuole da Putin e quali bastoni e carote intende usare per ottenerlo o comunque spingerlo a negoziare quel “deal” che il presidente russo si ostina a negargli.
Questa, del resto, è la diplomazia Donald Trump style: mettere in piazza la posta in gioco avvalendosi delle leve di pressione di cui dispone per mettere spalle al muro gli interlocutori.
È quanto sta facendo a piè sospinto con tutti i partner commerciali Usa, ai quali sistematicamente notifica il dazio che gli sarà applicato dal 1° agosto, salvo diverso accordo raggiunto prima della scadenza. In pratica, dando un ultimatum ai negoziati in corso - ieri è arrivato quello per l’Ue: 30%, meglio del Canada (35%) ma peggio di Giappone (24%) o Corea del Sud (25%), rispetto ad altri alleati storici.
Bruxelles è andata in fibrillazione - gli ambasciatori all’Ue si riuniscono d’urgenza oggi pomeriggio. Mosca non si emoziona per un messaggio di Trump in arrivo. Ne ha viste ben altre. Né intende far trasparire nervosismo agitandosi prematuramente. Ma dietro le mura il Cremlino probabilmente si interroga su cosa aspettarsi da Trump, non fosse altro che per prepararsi a rispondere.
DONALD TRUMP COME SUPERMAN - IMMAGINE POSTATA DAI CANALI UFFICIALI DELLA CASA BIANCA
La prevedibile reazione a caldo di Vladimir Putin - e/o dei suoi fedeli servitori ai quali voglia affidare messaggi sopra le righe (Dmitry Medvedev) o di fermezza diplomatica (Sergei Lavrov) - sarà di tirare avanti per la sua strada, direzione Kiev. Questo per la facciata: Putin non può darsi per intimorito da Trump. Tuttavia, dietro, la vera risposta russa sarà determinata da un calcolo dei pro e i contro. Fra i quali Trump può fare da ago della bilancia.
[...] Nessuno, non certo chi scrive, può azzardare capacità divinatorie, tanto meno con l’imprevedibile di professione Donald. Sappiamo però, grosso modo: a) cosa vuole Trump - la fine della guerra; b) cosa concederebbe alla Russia - tenersi quello che ha già preso più niente Ucraina nella Nato; c) cosa è pronto a fare se Putin non accetta - continuare a fornire armi a Kiev, tanto le fa pagare agli alleati europei della Nato.
Potrebbe aggiungere la minaccia, finora ventilata a mezza voce, delle temute sanzioni secondarie a Mosca, quelle sì potenzialmente devastanti per l’economia russa, in quanto andrebbero a colpire le vitali esportazioni russe (petrolio, gas) penalizzando i Paesi terzi che le acquistano. Per quest’ultima fra il dire e il fare c’è di mezzo l’oceano, ma è effettivamente una leva che, se usata, razionerebbe l’ossigeno che tiene in vita l’economia di guerra di Mosca.
Trump arriverà a tanto? Anche lasciandolo nel dubbio può costringere Putin a rivedere il calcolo, già rivelatosi errato, di un’Ucraina abbandonata dagli Usa di Trump per scelta e, a ruota, dagli europei per mancanza di capacità.
In questo scenario, il presidente russo poteva continuare la guerra fino ad eliminarne le «cause alla radice» - l’indipendenza di Kiev - e ottenere la testa di Zelensky (figurativamente).
Se la prospettiva diventa quella di un’Ucraina messa in grado di resistere dalle armi dall’America pagate dagli europei, non è meglio accettare il deal trumpiano: far finire la guerra - il cessate il fuoco senza condizioni richiesto anche dagli europei - e incassare quanto già conquistato?
MEME SULL INCONTRO TRA TRUMP E ZELENSKY A SAN PIETRO BY EMAN RUS
Donald Trump ha riscritto le regole del gioco internazionale. Prima l’ultimatum poi il negoziato. Questa la partita sui dazi che sta giocando con noi europei - non facciamoci illusioni, per di più i conti a breve gli danno ragione - e con gli altri partner commerciali. In Putin trova un osso più duro. Ma, a questo punto, se continua a rifiutare il deal con Donald Vladimir rischia di nuovo un errore di calcolo. Più pesante.
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