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Roberto Condio per âLa Stampa'
Zitto zitto, Carlo Ancelotti è tornato davanti a tutti. Là dov'è quasi sempre stato da quando, nel 2009, ha lasciato il calcio italiano. Campione d'Inghilterra al primo tentativo con il Chelsea, re di Francia alla prima stagione intera con il Psg e ora leader in Spagna con il Real Madrid, che non guardava tutti dall'alto da 63 giornate. Ha detronizzato il Barcellona, ha ridimensionato l'Atletico-rivelazione, ha ribaltato con la forza dei nervi distesi ma anche di scelte decise una stagione che, dopo i ko di inizio autunno contro le due grandi rivali, si stava complicando.
E invece, dopo l'1-2 del Camp Nou accompagnato dalle critiche, Ancelotti non ha più sbagliato un colpo: 22 vittorie e 4 pareggi in 26 partite. Solo con Beenhakker, nel 1988/89, la Casa Blanca centrò un filotto più lungo, arrivando a 34. Il Real che arrancava ora vola: è a +3 nella Liga, è in finale di Copa del Rey con il Barça e domani riprenderà la corsa in Champions in casa dello Schalke.
«Sogno il primo triplete nella storia del Real», dice Casillas, portiere-totem che Carletto fa giocare solo in coppa. Decisione audace, rumorosissima. Ancelotti ne ha prese altre, nei suoi primi mesi castigliani. Il lento inserimento di Bale, la rinuncia a Ãzil, la convinta difesa di Di Maria, la freddezza su Isco, il lancio di Jesé, il cambio di modulo dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Sono arrivati fischi e polemiche, lui ha tirato dritto e adesso ha Madrid ai suoi piedi: un pubblico esigente e una stampa soffocante, che però non ne potevano più della strategia della tensione con la quale Mourinho aveva attraversato le ultime tre stagioni, vincere poco.
Ancelotti, invece, oggi è in corsa per vincere tutto. Compresa la «Decima», quella Champions inseguita vanamente dal 2003. «Non si parla d'altro, qui - ammette -. Ma non può e non deve essere un'ossessione, bensì solo una grande motivazione». Parole sagge, come sempre. «à da luglio che parlo di equilibro, per squadra e ambiente. Ma la gente vuole sentire parlare solo di titoli, di vittorie. Lavoriamo per questo, adesso: la casa l'abbiamo costruita, ora non ci resta che decorarla».
Partendo da una certezza molto «italiana»: una difesa che nelle ultime 15 partite ha preso appena 5 gol. Merito anche di un centrocampo ridisegnato grazie al rientro di Xabi Alonso, con Modric e Di Maria ai suoi lati. Poi, là davanti segnano tutti: 10 gol negli ultimi tre turni di Liga, anche senza lo squalificato Ronaldo che tornerà domani in Germania, bello riposato.
Sì, è davvero irriconoscibile questo Real. Passando da Mou ad Ancelotti ha ritrovato i risultati e riscoperto pace e armonia. Persino nei rapporti con i media. I campi di Valdebebas erano blindati dal 2006, Carletto la scorsa settimana ha fatto il grande passo: allenamento a porte aperte e poi tapas, sangria e quattro chiacchiere in libertà con i giornalisti. La Spagna si conquista anche così.
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